Disco gradevolissimo, dai testi irresistibili e grintosi.
L’ascolto di un disco, sin dal primo istante, accende in testa richiami di altre canzoni, riferimenti a band più o meno conosciute, sviluppa pensieri, emozioni o magari assolutamente niente in grado di scuoterci un po’. Ogni volta è l’appagamento di un’aspettativa, altre volte una deludente verità. In qualche occasione la via di mezzo che ci lascia dove eravamo. Il disco di Alessandro Sipolo è una splendida occasione per esprimere un talento da autentico songwriter, ma finisce per essere – melodicamente parlando - un forte adesivo alla Bandabardò che si fa fatica a staccar via. I rimandi alla band di Erriquez sono continui eppure le canzoni, perfettamente concepite, sono dei brillanti che irradiano luce propria per far socializzare attraverso una musica fatta di sezioni ritmiche travolgenti e ballerecce.
Iniziando da "Eresie" in cui si corre contro il vento della mediocrità quando uomini, in preda ai soldi, figli di un dio secondo, sono promotori di eresie. Come lingue e fruste sulle nostre schiene, a tarda notte esse bruciano insieme a noi, “bestie senza collare, in battere senza levare, accesi dalla brace di un’ idea”. "Gagiò Romanò" è il personaggio outsider alla ricerca di un’esistenza senza eresie. Quel sorriso che conosce la prigione, quella fame che lo coglie diventando disertore, perché la virtù non sempre è obbedienza e la bellezza può nascondersi dietro ad un no. "Le mani sulla città" spingono i cuori ad aprirsi per poi sciogliersi dentro un bicchiere fatto di silenzi insopportabili. Manca l’estate, quando tutto va bene e le mani appartengono ad una rinnovata città. Così "tra respirare e vivere" una chitarra solitaria accompagna una voce lontana a riferire tracce di un’idea e di una vita distante. Bagliori di sole sull’ asfalto bagnato raccontano di chi insegna a respirare e vivere. Il folk-rock più incacchiato è in "Dannata" e "Arnaldo" che si accende in caldo desiderio nella prima canzone, diventando sogno di rinascere artista con l’animo puro, madre che ignora il dolore, uomo con i piedi per terra, nella seconda. Due ballate romantiche ("Denoda" e "Cresceremo anche noi"), a penzoloni sul mondo, senza radici per non farsi pestare, lasciano il corpo preda della poesia e dell’incanto, dell’amore vero grazie a cui si ama incondizionatamente una donna per quello che è. Per poi ritrovarsi, alla fine di tutto, a ballare una rumba insieme in una spiaggia di Rimini allegramente, sorridendo alla vita ("Comunhão Liberação").
Disco gradevolissimo, dai testi irresistibili e grintosi. Convinti che sia il preannuncio di nuove possibili traiettorie sonore per non rischiare di essere troppo uguali a qualcun altro.
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La recensione Eresie di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-03-14 00:00:00
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