“E continuo il viaggio / E mi basta / Che io tenebra / Abbia amato la luce”. Gli splendidi versi di Alexandros Panagulis, citati all’interno del booklet, non sono casuali e, meglio di altri, accompagnano il particolare stato emotivo che ha partorito questo nuovo album dei Babylonia, realizzato dopo la prematura scomparsa di Robbie Rox, uno dei due fondatori della band. L’altro è Max Giunta che, assecondando un persistente e legittimo bisogno di condivisione a distanza con l’amico che non c’è più, porta avanti il suo progetto musicale come se le menti pensanti fossero ancora due.
“Multidimensional” sonorizza, dunque, quell’impercettibile punto di contatto tra due dimensioni lontanissime che, ciononostante, sembrano toccarsi; anche liricamente tutte le 13 tracce del disco tratteggiano comprensibilmente un intimo micro-mondo fatto di dolore, malinconia e solitudine ma pur sempre alimentato dalla luce di quell’amore salvifico che ha una risposta per tutto (“Love is the truth / The greatest strenght / Love’s the only and the final answer” recita il singolo “Love is healing”).
Un vortice di chiaroscuri, quasi tridimensionale, che procede per sciccherie synthpop, nordiche pulsazioni futurepop e inserti acustici: a questo giro alle spudorate voglie "depechemodiane", che da sempre contraddistinguono la band (“Save the world” ed “Embrace me” su tutte), si affiancano slanci più marcatamente radiofonici in odor di Hurts (“Back to you”, “I breathe”, “The sign”), uno spiedino di ballate (fin troppo) edulcorate dagli archi (“My song is love”, “Traces of you”, “Where beauty lives”) e una chiusura acustica in italiano che, guardando al grande Leonard Cohen, riassume da sola tutto il carico emotivo del disco (“A te che resti”).
A prescindere dalla palpabile derivatività dei suoni e da un’enfasi che troppo spesso accompagna voce e arrangiamenti quello che conta è che alla fine Babylonia is and always will be Max Giunta and Robbie Rox.
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