Dallo swing al synth pop. Un salto indolore per Daniele Maggioli.
In principio furono lo swing e il folk. E non che ci fosse nulla di male, anzi. Ma quel che è stato, adesso non c’è più, e se c’è è troppo lontano per rendersi ancora visibile. Perché il Daniele Maggioli di oggi si è messo a smanettare il computer e il synth. Con somma soddisfazione, peraltro. E il suo nuovo credo è riassumibile nelle otto canzoni contenute in “Fino all’ultimo respiro”, il suo ultimo lavoro.
Un disco di elettronica per le masse (ehm…), ricco di connotazioni pop, dai pezzi immediati e facilmente assimilabili, messo in circolo da un pregevole synth-pop in grado di intersecarsi anche con suggestioni crepuscolari, per non dire cupe, che a volte ricordano le cose più recenti di Andrea Tich. Il cantautore romagnolo non disdegna nemmeno qualche cenno di sperimentazione (valga la conclusiva “La città incantata”) e prova a chiudere il cerchio con testi a tratti nervosi, raccolti tra i cocci della città di notte, tra visioni alla ketamina e la paura che la luce del sole possa rovinare tutto (“Eliofobia”). “Fino all’ultimo respiro” regala dosi di beata claustrofobia (“Guerra civile”), picchi di inarrivabile decadenza (“Dentro la città”) che contribuiscono a renderlo un album ben riuscito, solido, che vale la pena di ascoltare con attenzione. Specie nel caso ci sia qualcuno convinto che all’interno della musica elettronica circoli eccessiva freddezza.
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La recensione Fino all'ultimo respiro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-03-02 09:50:00
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