Non conosco la storia di UROSS, all'anagrafe Giuseppe Giannuzzi, già titolare di diverse opere. "Ovunque è la bellezza che non vedi" è ufficialmente la terza tappa di una carriera che conta anche alcuni demo fin dal 2007. Insomma, non si tratta del classico esordiente sulla scena, anche se queste 12 tracce non rivelano qualità tali da spingere il sottoscritto a recuperare anche i precedenti lavori.
Nonostante l'artista pugliese continui a ribadire (nelle note stampa) "la sostanza della sua proposta: troppo autoriale per essere considerata rock, troppo elettrica e figlia della fragranza sonora anni '60/'70 per essere frutto di un cantautore fatto e finito", l'ascolto ripetuto di questa dozzina di pezzi lascia alquanto indifferenti. Non brillano i testi, che in moltissime occasioni paiono materia grezza su cui sarebbe necessario intervenire per eliminare molte impurità; delude l'interpretazione, penalizzata anche da un'intonazione che definirla infelice è quasi un complimento.
Non bastasse quanto scritto finora, qui il problema sono le canzoni: UROSS sa come si scrivono, ma non ci pare né autore talentuoso e neppure arrangiatore sopraffino. Dischi di questa caratura, nel 2016, vanno bene - al limite - come demo, quando ancora la personalità dell'artista/band di turno non è ancora formata. Non lo salva neppure la cover di "Ciao amore ciao" di Luigi Tenco, in una versione a dir poco sbiadita.
Da dove ripartire per il futuro? Da un buon produttore innanzitutto... e magari da brani semplici come "Soffio leggero". Però, sia chiaro, qui occorre ricostruire tutto.
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