Il volo dell'Icaro del titolo diventa metafora della ricerca della direzione artistica dei Canoni Inversi
Sapeva bene Icaro che volare troppo in alto a sfiorare il sole si mortifica il Sogno. Eppure la vertigine e l’ansia di cielo lo spinsero oltre i limiti umani, annegandolo insieme al suo mascherato narcisismo. L’uomo non può paragonarsi agli Dei; fallirà di certo e sprofonderà negli abissi, dicevano i Greci antichi. E oggi? Quale senso dare ad un album che prende titolo da questo sventurato personaggio mitologico? Intorno a una canzone che potrebbe spiegarlo, ruotano altre tracce a se stanti, isolate, quasi a riferire che (sul piano dei contenuti) il senso si perde durante il volo. Rispetto al sound, tuttavia, le composizioni si richiamano per il tocco volutamente sporco e stonato, in cui l’acustico si mescola all’elettronica lo-fi.
“Le ali di Icaro” è il pezzo che rappresenta il disco e in cui è descritta la condizione infelice di chi sta per affogare “in un mare di violini assordanti” dove non c’è rimedio alla sopravvivenza. Il suono è scarno fino all'essenziale, e la voce, lamentosa e disarmonica, lascia poco spazio alla musicalità. Il tentativo di indagare questo profondo baratro esistenziale, tuttavia, sembra rimanere sulla superficie delle onde. Seguono: “Il tuo profumo” in cui melodie elettriche e voce scomposta lasciano che il giorno illumini ogni respiro, trafugando leggerezza e vitalità a dissolversi in un’ombra evanescente; “Ansia retroattiva” in cui la ripetizione del verso “voglio uno stereo nuovo” esprime di continuo un pensiero ossessivo e invadente; “Il tempo di morire” come cover di Lucio Battisti, straziata da una audace sperimentazione melodica, si perde in sottili tormenti canori. Concludono il lavoro i due pezzi più lunghi dell’album (i sei minuti di “Castelli di sale” nel bel mezzo di sentimenti oscuri e onirici e i sette minuti della suite strumentale di “Long road”).
Al di là del giudizio soggettivo, questo disco sembra voler seguire la traiettoria di un volo artistico ben preciso finendo però per perdersi in movenze insicure e talvolta indecise tali da comprometterne la meta. Forse è solo questione di affinare la tecnica di volo o di precisarne meglio la direzione. Per non cadere come Icaro in una mare lontano e disperso.
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La recensione "IKARUS" di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-07-20 00:00:00
COMMENTI (1)
GRAZIE! INTERESSANTI PAROLE E CONCETTI,
ABBIAMO CAPITO CHE IL DISCO E STATO ASCOLTATO CON ATTENZIONE ED INTERESSE.............