Quanto abbiamo bisogno di Immanuel Casto nell'Italia del Family Day sul Pirellone?
Quanto abbiamo bisogno di Immanuel Casto, nell’Italia dei Family Day sul Pirellone, dei seimila emendamenti a un decreto di legge - il ddl Cirinnà - che garantirebbe il minimo della vita in termini di diritti civili a contribuenti al momento costretti in serie B, nel Paese in cui dopo “Ho tanti amici gay” c’è spesso un cretino “ma”. Ce ne vorrebbero cento, duecento, di Immanuel Casto: e quanto è intelligente questo Manuel Cuni, il ragazzo partito da Villa di Serio - provincia bergamasca alla Padania Classics - per insegnarci cos’è il porn groove e scalpellare con indifferenza il perbenismo, dando il coraggio a chi non se lo può dare di tirare giù la maschera.
Omo, etero, chissenefrega: Casto è un inno alla libertà, all’accettarsi, in ogni senso possibile. Intelligente nel costruire il suo personaggio, nel diversificare il suo investimento artistico - la musica, il gioco di carte, i fumetti - brillante sempre nella provocazione, nel suo épater la bourgeoisie.
Il Casto divo, proprio come lo scandalo però, scandalizza solo chi è male informato: tutti gli altri godono, e soprattutto si divertono. Sono passati ormai dieci anni da "Che bella la cappella" (2006) e "The Pink Album" è un disco rassicurante per chi ha apprezzato il precedente "Freak & Chic" (2013): continua nello stesso solco scavato, quello del porn groove sfacciato, del calembour impudico, della rima baciata su sonorità anni '80 spruzzate di elettronica contemporanea.
Casto aggiunge qualche elemento nuovo: il singolo di lancio, "Deepthroat Revolution" è militaresco, danzereccio, scatenato, e Casto intona “Succhiare per fare del bene / È sia un diritto che un dovere / Vado su e giù con la mia testa / Ma il mio è un gesto di protesta” e fa ballare e sorridere cantando di pompini che salvano il mondo.
Il secondo singolo, "Da grande sarai frocio", equilibra il primo, offrendo però una visione parziale del disco: nel complesso meno apertamente conscious rispetto al pezzo firmato insieme a Fabio Canino in cui si raccontano le difficoltà di accettarsi per un ragazzo omosessuale, lo stesso ragazzo che anche Manuel Cuni è stato, prima di diventare Immanuel Casto.
Terzo singolo "Discodildo", e si ritorna al Casto di sempre: dove rumba fa rima con bamba, dove drink fa rima con GHB e felicità con MDMA.
Nel complesso nell’album i testi sono all’altezza della fama di Casto, mentre nel resto del disco trova spazio anche l’omaggio colto - chi si aspettava una cover di "Sabrina" degli Einstürzende Neubauten? E una di "Real Men" di Joe Jackson? Tra le due, più riuscita la prima - qualche compagna di strada già ascoltata in precedenza - la brava Romina Falconi - e qualcuno nuovo, come Il Deboscio che firma la neoproletaria "Rosico", impreziosita dal featuring con Tying Tiffany. Un Immanuel Casto più adulto rispetto a "Freak & Chic", sempre trasversale, sempre capace di mescolare alto e basso - ed è ok farlo: l’unica cosa che importa è farlo bene - e sempre più capace di parlare a tutti.
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La recensione The Pink Album di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-01-25 10:05:00
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