La provincia che si riflette nei muri di chitarre. Bell'esordio per La Scimmia.
Nel mare nero si immergono esseri metà donna e metà pesce, mentre le scimmie fan bella mostra della loro stupidità sotto la luce di un sole arrugginito, questo è ciò che si vede nella copertina dell'omonimo primo album de La Scimmia, un'immagine grottesca ed angosciante, come la musica delle undici tracce che lo compongono. Elementare ma deciso e personale, il rock della band trevigiana ci mette poco per arrivare alla testa attraverso i riff di chitarra e le parole dei testi, veloci e diretti come un destro di Primo Carnera.
Una grossa etichetta con scritto "rock" in maiuscolo verrebbe da appiccicare sui brani de "LaScimmia", ma sono molte invece le sfumature che ascolto dopo ascolto si colgono nelle canzoni. "Galassie e deserti" apre l'album, un lento avvio fatto di ritmica e sintetici puntelli trascina verso un ritonello aperto e crudo nel descrivere l'impotenza di fronte alle vastità di ciò che nella vita ci sovrasta quotidianamente. Lo stesso andamento verticale arriva con "La verità sta nel pezzo" e "Come stanno le cose", due brani angoscianti e veri, storie di conflitti ed abusi, in cui la chitarra arriva rabbiosa a sfogare tutte le menate che si ammucchiano nel petto.
I testi di e la voce di Gabriele (cantante e chitarrista del gruppo) sono assieme un connubio vincente, le storie di provincia, idealizzate o vissute, non hanno bisogno di parafrasi per essere cantate senza fraintendimenti, lo stile vocale le rende molto umane e pop, "Fiori nuovi", primo singolo estratto ne è la prova. Il fuoco che brucia dentro La Scimmia si accende con i brani più noisy del disco: "Delirio di onnipotenza", "KRAKATOA" e "Legione" sono colpi potenti alla Fast Animals and Slow Kids o Il Teatro degli Orrori, compattezza e rumore ben suonato per un po' di sano headbanging. La buona riuscita dei brani più rumorosi è probabilmente da doversi al mixaggio da parte di Giulio Ragno Favero, uomo in più dietro le quinte in fase di registrazione e post produzione dell'intero disco.
La scimmia sarà pure caciarona ma ha anche un lato più morbido, "Il mare" e "Tempokane" sono ballate agrodolci che placano il movimento del collo e fanno socchiudere gli occhi e cantare a forte voce verso l'alto. Chiude il disco un brano midtempo dalla (poco) celata trama a sfondo tossico, "Vado a ballare la Techno" è infatti una canzone per chi ama distrarsi con illegali caramelle. Buon esordio quello de La Scimmia, non inventano nulla, ma suonano bene e sanno comporre il rock con personalità e soprattutto fanno cantare. Cosa c'è di più figo di poter cantare forte durante un concerto o chiusi in macchina mentre al semaforo quello a fianco ti guarda male? Nulla.
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La recensione La Scimmia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-05-04 00:00:00
COMMENTI (1)
gran bel disco