“Perciò lasciatevi precipitare senza troppo riflettere e, intanto, guardatevi intorno: in questa caduta siete in buona compagnia”.
Le parole sono a forti tinte rosse e campeggiano su di un candido sfondo bianco, quasi fossero un epitaffio, una sorta di rivisitazione della dantesca “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”. Ma questa volta non ci sono gironi infernali e conti Ugolino… l’invito, infatti, è di Giorgio Canali, ed è riportato nel booklet del suo ultimo disco: “Giorgiocanali&rossofuoco”.
Eh sì, perché Giorgio - smessi momentaneamente i panni di chitarrista dei PGR (nonché di fonico e produttore) - si ripropone in una delle sue digressioni solistiche, una divagazione che bissa le due precedenti (“Che fine ha fatto Lazlotòt” del 1998 e “Rossofuoco” datato 2002, NdR) e lo porta a presentare un album passionale ed istintivo; un autentico, penetrante, cimento rock.
I dieci brani che lo compongono suonano all’insegna di un ritmo pulsante ed adrenalinico incentrato su un intenso sferragliare di chitarre, scariche di basso e bordate di batteria, un tripudio 'Rock-Noise-Lo-Fi' (irrorato da un “deviante” briciolo di melodia) che dimostra un’assoluta padronanza nell’ibridare e rimescolare la materia Rock’n Roll.
Ci sono poi le liriche, un irriverente collage di parole, che disegna una realtà disillusa ed efferata; realtà che avvampa tra gli splendidi versi e nell’urgenza espressiva di canzoni come “Precipito”, “Mostri sotto il letto” (“sarà che le ragazze con cui esco hanno tutte i mostri sotto il letto”) e “Rime con niente” (brano dedicato all’amico Bertand Cantat e composto con immagini tratte da pezzi dei Noir Desir).
Senza dimenticare, poi, quell’assoluto capolavoro che è “Guantanamo”, e i suoi ritornelli da vero athem generazionale: “… restano le scorie del sogno di un attimo, e del sogno di pace di un’epoca intera solo sette colori su una bandiera…”; “… ma si può sapere dov’è? Questo paradiso di pace e amore, seguivamo tutti la stella del nord invece era un satellite militare…”; “… tanto vale andare in vacanza a Guantanamo…”.
Chapeau, chapeau ed ancora chapeau per un disco davvero splendido, e per un artista che nel corso degli anni è riuscito a proporsi come uno dei principali agitatori della scena rock italiana, sempre all’insegna di grinta, talento ed ispirazione.
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