Arriva dalle valli cuneesi il Gruppo Spontaneo di Musica Moderna, un nome che lascerebbe intendere un ensemble di musica classica o giù di lì. E, invece, la formazione piemontese, prodotta da Fabrizio Barale (Yo Yo Mundi), viaggia decisamente verso altri lidi, quelli dai rimandi alla new-wave elettrica più cupa degli anni Ottanta (Echo & the Bunnymen, Go Betweens, The Smiths), ma soprattutto di un rock essenziale, semplice negli arrangiamenti e leggiadro - fino a dare l’impressione di trovarsi tutto subito di fronte ad una band entrata per la prima volta in studio di registrazione. Ma l’esperienza del Gruppo Spontaneo non è ‘di primo pelo’, anzi si parla di un’attività decennale. L’incertezza deriva infatti dal risultato finale dell’album, nello specifico della fase di mixaggio, che lascia il dubbio sulla volontà o meno di creare un suono grezzo dall’effetto demo-tape. Come quelle cassette (col presente divenuti cd masterizzati in casa) che un tempo si registravano con pochi mezzi. Eppure, nonostante questa aspetto, la musica del gruppo attrae con un qual certo fascino. La voce di Loris Cavallera è in primo piano, malinconica, triste, disperata, fors’anche un po’ lagnosa e paranoica in stile Morrissey, con toni alti e bassi in un continuo rincorrersi. E’ la sofferenza che parte dallo stomaco, dalle viscere, per esplodere in liriche dal taglio dark: “Dolce sangue di miele”, “Non c’è più morte dell’essere dimenticato” o “Ti prometto amore per l’eternità, finchè un altro amore non ci separi”.
Chiaro atteggiamento da depresso-dark, con scarsa fiducia nel prossimo, il tema della morte e della solitudine come spettro dalla presenza costante. I testi sono ben curati - al di là del condividere o meno gli argomenti - e sono cantati da una voce adatta allo scopo, con quella vena malinconica difficile da scrollarsi di dosso. Ma che diventa emozione pura nelle ballate, il pezzo forte di questa band (ascoltare “Per l’eternità”, “Sfiorando me” e “Parlarti non altro”, quest’ultimo un gioiellino al limite del minimalismo). Generalmente si ode un rock pacato, melodico, ogni tanto immerso nel noise (“Gioia”), oppure una psichedelia soft, comunque permeato dall’influenza della canzone d’autore.
Probabilmente quanto sto per dire susciterà qualche perplessità, ma è curioso come la penultima traccia del disco, “Lascia tranquillo”, per la sua linea melodica di pop orecchiabile la vedrei portata al successo con la voce di Valeria Rossi (quella di “Tre parole”, amenità musicale dell’estate 2002). Mi perdonino l’ensemble, la casa discografica e i lettori, ma è inevitabile il richiamo che salta in mente ascoltando il brano - soprattutto per il tono usato dal singer Loris Cavallera - unica uscita dai binari per un disco che sa regalare emozioni con note semplici e vibrazioni sincere.
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La recensione Fino a mai dire basta di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-08-29 00:00:00
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