Come la felicità nelle piccole cose, i DAAM riescono a concentrare in quattro brani l’essenza del loro spirito sperimentale. Un trio che fa dell’avanguardia un concetto cardine, del tentare e giocare coi suoni un atto di fede, della necessità di esprimersi un fondamento su cui costruire musica davvero personale. Dalle atmosfere jazz e piene di calore emotivo di “Tokyo Prelude” si passa all’elettronica raffinata di “Middle Age Moon”, impreziosita dal featuring di Tight Eye e da carrellate hip-hop che scivolano tra beat incisivi. “Kaleidoscopic Dolak” è la tensione di una notte che si fonde con prospettive afrobeat, “Endless Belcanto” è una poesia che racconta di sogni trip-hop e suggestioni dreamy, per aprirsi a un recitativo teatrale e chiudersi poi, di nuovo, nelle nuvole e nelle morbidezze che già conosceva.
Un esordio che promette tanto e fa assaporare gusti molteplici e interessanti: c’è da perdersi e c’è da farlo con piacere, nell’attesa di ascoltare nuovi pezzi per vedere come si svilupperà questo progetto seducente.
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