Un album gradevole fatto da musicisti che si divertono e che fanno divertire
“Have you heard the news? Maggie has got the blues”. Beh, il blues lo ha anche il mandolinista napoletano Lino Muoio, autore, in compagnia di Mario Donatone e Francesco Miele, di questo bel "Mandolin Blues – The Piano Sessions", secondo capitolo del progetto Mandolin Blues. Pianoforte, mandolino e contrabbasso, tutto registrato in presa diretta e senza tanti fronzoli.
Che il rapporto fra il blues e gli ambienti partenopei sia florido è risaputo, tante sono le reinterpretazioni del genere in chiave mediterranea, ma qui si gioca su tutt’altro piano. Se è pur vero che, perlomeno sulla carta, il mandolino dovrebbe dare un tocco di italianità all’album, il sound di queste dodici canzoni è decisamente americano, incentrato su influenze che scavalcano addirittura i vari Muddy Waters e Howlin’ Wolf per ritornare ai tempi in cui il blues era perlopiù musica da balera, uno strumento di intrattenimento per i coloured del sud degli Stati Uniti.
Il primo rimando è ai gruppi itineranti degli anni ’30, come i Mississippi Sheiks, anche se c’è sempre lo spettro di Robert Johnson ad aggirarsi nei paraggi. Certo, non c’è molto da dire sull’urgenza compositiva di queste tracce (Muoio e i suoi non sgarrano neanche per sbaglio dalla sequenza Mi-La-Si-Mi), ma a colpire è l’esecuzione, tecnicamente impeccabile, dei brani: non solo l’affiatamento della band è solido, ma il piano e il mandolino si lasciano andare ad escursioni virtuosistiche impressionanti per una registrazione dal vivo. La voce di Donatone è sempre incalzante e ha un’estensione più simile a quella di un crooner, che non a quella di un bluesman. La sua interpretazione più accattivante è decisamente "Hardheaded Woman", un pezzo in cui la timbrica pulita che connota le altre tracce lascia spazio ad un graffiato leggermente più sporco. Ed è proprio in questo cambio di registro che viene alla luce la pecca più grande di quest’album. Se è pur vero che l’esecuzione delle canzoni è mostruosa, ascoltando queste dodici tracce si ha sempre l’impressione di trovarsi di fronte ad un esercizio di stile a tratti privo di anima. Pur restituendo perfettamente le atmosfere del genere, queste Piano Sessions non riescono a catturare appieno l’anima dura e pura del blues, la sua parte sporca e disperata. Tuttavia, non è questo quello che importa. Ciò che abbiamo e che ci teniamo volentieri è un album gradevole fatto da musicisti che si divertono e che fanno divertire.
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La recensione Mandolin Blues - The Piano Sessions di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-05-09 00:00:00
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