Statuto
Amore di classe 2016 - Soul, Ska

Amore di classe
29/02/2016 - 10:00 Scritto da Silvio Bernardi

L'opera rock mancava al variegato carnet degli Statuto, ma ecco fatto: questa "Quadrophenia" in salsa torinese conferma l'eccellente stato di forma della mod band guidata da Oscar Giammarinaro

Album semplici, live, cover, raccolte, singoli in vinile: in trenta e passa anni di carriera gli Statuto hanno testato quasi tutte le possibilità del mezzo disco, eccetto il concept album: anche se "Canzonissime", del 1996, tecnicamente si potrebbe considerare tale. Se però pensiamo al concept album inteso come opera rock, con una storia e dei personaggi che si rincorrono tra i vari brani, era una delle poche cose che gli Statuto non avevano mai tentato in ambito discografico.

Strano, peraltro, visto quanto band fondamentali per chiunque si ispiri agli anni Sessanta e alla cultura mod hanno prodotto in tale ambito: basterebbe citare i Kinks di "Arthur", i Pretty Things di "S.F. Sorrow", e soprattutto gli Who di "Tommy" e "Quadrophenia". Probabilmente è stato il rispetto per questi mostri sacri a tenere lontani Oscar Giammarinaro e compagni dall'opera rock. Finora.

Già, perché "Amore di classe", il nuovo album della storica formazione torinese, è a tutti gli effetti un'opera rock: protagonista il giovane mod Adamo, di famiglia operaia, che si innamora della coetanea Eva, ragazza "bene" con uno stile di vita completamente diverso dal suo. In mezzo serate nei locali, collettivi studenteschi, stadio, corse in Vespa, equivoci sentimentali e non, la ricerca di se stesso. Se vi sembra ci sia qualche punto di contatto con "Quadrophenia", la cosa non è casuale: e lo è ancora di meno ascoltando l'album, che accantona quasi totalmente i ritmi dello ska che hanno reso famosi gli Statuto in favore di un brit-rock muscolare, decisamente più vicino alle band dell'ondata mod revival degli anni Ottanta (Jam, Secret Affair, Chords) e ovviamente agli Who (chiaramente omaggiati nell'"Ouverture").

Trattamento che mette in evidenza l'affiatamento dell'asse ritmico, che ha cambiato passo negli ultimi anni quando all'insostituibile batterista Naska si è affiancato Ennio "Teen mod" al basso; e il definitivo rientro alle chitarre di Alex Loggia, che mai ha fatto mistero del suo amore per le sonorità di derivazione inglese, fa sì che il suono degli Statuto in "Amore di classe" appaia maturo e pieno come mai prima.

Certo, c'è lo zampino (e che zampino) di Max Casacci e Rudy Di Monte in fase di produzione, ma è indubbio che i brani si prestino a un arrangiamento più impetuoso rispetto al solito: "Non sei lei" e il primo singolo "Batticuore" ne sono esempi calzanti, ma l'apice si raggiunge quando l'energia incontra il gusto melodico che da sempre ha contraddistinto i lavori del quartetto torinese, come in "Catturami", già pronta, grazie ai cori e al ritornello contagioso, per diventare un evergreen dei concerti a venire.

"Ritmi di metropoli", con la sua strofa ska-dub e il ritornello quasi punk, mantiene il legame con il two-tone di Specials e English Beat, e il brit pop, con cui gli Statuto hanno flirtato spesso, ritorna in brani come "Amore di classe" (con gli archi arrangiati da Davide Rossi) e "Devi riderci su"; "Pubbliche virtù" ha una sfiziosa vena pop-beat in stile Turtles e Association, mentre il dinamico Motown soul di "Non sarai tu a cambiare il mondo" è un altro degli highlight del disco. In chiusura ci si concede addirittura un passaggio folk, con "Questa è la felicità", per completare una tavolozza ricchissima di colori, che tuttavia riesce a non distogliere l'attenzione dal soggetto del quadro.

Perché la storia di "Amore di classe" si segue bene, dilata alcuni momenti e ne comprime altri come è giusto che sia, ma sembra fatta apposta per essere raccontata in musica. Insomma, l'idea dell'opera rock era ambiziosa per tanti motivi, ma gli eventuali dubbi e timori reverenziali sono stati fugati alla grande: e se forse non tutti i brani hanno l'immediatezza di quelli del precedente "Un giorno di festa", il livello compositivo è decisamente alto e quello strumentale, come detto, ai picchi della discografia degli Statuto. Una conferma del loro stato di forma, da "È già domenica" in avanti mai un passo falso: avercene di band che invecchiano così bene.

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