Il tedesco Max Raabe, giovane cantante dai capelli impomatati, voce nasale, leader della Palast Orchester di Berlino che con la sua versione di “Sex bomb” in stile swing anni Venti ha furoreggiato nelle radio (grazie allo spot della Lancia Y Vanity), ha fatto proseliti anche in Italia. Anche qui, come in altri casi, siamo di fronte alla disperata rincorsa da parte delle major di un fenomeno straniero, che però, come sempre, ha tutta l’aria di essere un 'one-shot', cioè un successo isolato.
Chiarito ciò, bisogna anche dire che Alfredo Rey e la sua orchestra confezionano comunque un disco gradevole e divertente, senza nessuna pretesa di 'serietà' jazzistica, e anzi sempre con un bel sorriso autoironico stampato sulle labbra. Proprio questa attitudine lo salva dagli strali del critico, e anzi quasi se ne guadagna le lodi, per la credibilità delle orchestrazioni e la leggerezza divertita e divertente del tutto.
Un rimbrotto, però, se lo becca la implosa Nun come rappresentante di tutta la discografia italiana. Perché sia che il buon Alfredo Rey esistesse da ben prima che scoppiasse il caso Raabe, sia che si tratti un’operazione costruita ad hoc, arriva sempre fuori tempo massimo. E sono anni che i cloni non funzionano più commercialmente. Sarebbe ora di costruirle da noi, le mode, con le risorse artistiche ci sono in casa. Magari si guadagnerebbe qualcosetta di più, costruendo fenomeni duraturi.
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La recensione Alta infedeltà di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-11 00:00:00
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