The ValentinesNo time generation2003 - Rock, Alternativo

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I bolognesi The Valentines si presentano al debutto con un cd che nella grafica rimanda direttamente alla New York 77, con quelle Tv che inquadrano ognuna un componente della band, in una sorta di recupero nostalgico warholiano, che fu tipico dei gruppi del mitico Cbgb’s. Il sound della band, che fa punk, è un po’ differente, però.

Ottimamente prodotti, con canzoni ben suonate e decisamente ad alto tasso di energia, i The Valentines suonano tanto anni 80. Esemplare “Music’s like sex”, tra Siouxsie and the Banshees e i Transvision Vamp (quelli della gnoccona Wendy James, per un po’ compagna di Elvis Costello, che per lei scrisse addirittura un album, “Now ain’t the time for your tears”). Molto di questa impressione è dovuto alla voce della cantante Vale, che - sia chiaro – è ottima e ben impostata. Forse troppo, però, per suonare 77. Questa non è una critica, ma una constatazione, visto che le note d’accompagnamento del disco esaltano le “forti sonorità punk seventies newyorchesi”. E invece la cosa americana e anni 70 più vicina al cantato di Vale che mi viene in mente (alla lontana, comunque) è la voce di David Surkamp dei Pavlov’s dog, che erano di Sant Louis, facevano prog e uscirono nel 75.

Ma tant’è. Non è mica un brutto disco. Anzi, come già scritto, ci sono energia e determinazione. La prima volta che scrissi dei Valentines – visti dal vivo al Tora! Tora! di Castelnovo dei Monti – scrissi che – forse per i difetti di equalizzazione dovuti a una ripartenza in tutta fretta dopo la pioggia – somigliavano alle Hole di “Live through this”. Mi sbagliavo. È la voce di Vale che somiglia a quella di Courtney Love, ma non in “Live through this”, bensì in “Pretty On The Inside”, il primo disco. Ma la somiglianza Vale-Love è dovuta semplicemente al fatto che tutt’e due hanno un modo di cantare teatrale, impostato. E su Vale do un giudizio positivo. Totalmente negativo invece quello sulla voce di Mars, che per fortuna compare poco, e a cui consiglio una visita otorinolaringoiatrica.

Che dire, in definitiva, dei Valentines? Che mi paiono vivere in una contraddizione strana e feconda al tempo stesso. Da un lato, pur producendo (e proprio per questo) musica strettamente legata alle mie radici, mi paiono fuori tempo massimo. Dall’altro, però, mi pare che l’energia e l’appeal delle canzoni, insieme alla cura del look della band (che dà quel tocco di costruito e artificiale che a me – vecchio bowiano - piace tanto), avrebbero potuto avere molte più potenzialità anche commerciali se fossero state cantate in italiano. Discorso valido soprattutto per “I was wrong”, il brano che si stampa più di tutti in testa, e non a caso scelto per il video. Non so, ho come la sensazione che si sarebbe potuto creare un piccolo caso, un piccolo fenomeno, una piccola moda. Ma come al solito si preferisce sentirsi “grandi di una grandezza latente” (Svevo), che mettersi in gioco fino in fondo.

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La recensione No time generation di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-13 00:00:00

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