Tornano i Den Van Stanten.
E sono di nuovo splendidi e impresentabili.
Sempre impastatissima la registrazione, spesso inadeguata la voce (anche se è inevitabile affezionarsi in breve tempo al suo bizzarro modo di essere), sempre troppo ingombranti -almeno a tratti- le tastiere, sempre troppi i passaggi in cui il caos e soluzioni improbabili impediscono di sviluppare al meglio le buone idee.
Tutto il resto (ideee, abbozzi, strutture) resta interessantissimo.
Tutto come nel demo precedente (da cui, tra l'altro, sono qui recuperati tre pezzi), dunque?
No.
Tutto infinitamente meglio, per la scelta di passare, nella quasi totalità delle tracce, all'italiano. E i testi, farciti all'inverosimile di punteggiatura, sono ottimi. Caratterizzati in una dimensione assolutamente personale, forti di un linguaggio semplice, diretto e insieme intensamente evocativo (senza una voluta ricerca 'standard' in questo senso: domande, risposte, esclamazioni, aforismi e illuminazioni, a fianco di una totale assenza di passaggi descrittivi), per un risultato che -se assecondato dal 'booklet', dato che spesso le parole sono poco intelleggibili al solo ascolto- non smette di stupire anche all'ennesimo play.
La vita, il passato e il futuro, le donne, la violenza e la morte: aree semantiche ripetutamente esplorate, ma la lista appena riportata può essere fuorviante e non rende minimamente giustizia agli esiti.
Davvero bravi i piemontesi, capaci di inserire un pezzo straordinario (testo illuminato e caos sonoro) "liberamente inspirato a Nikolaj Gogol" intitolandolo "Meglio quattro che pochi ma buoni" (meraviglioso...), capaci di riproporre un pezzo in incomprensibile (e quindi non valutabile) inglese chiudendolo in maniera folgorante con una riga e mezza in italiano, capaci di infilare un numero incredibile di versi che si meritano un posto nelle citazioni da tenere pronte per tutta la vita.
E di cui qui non riporto esempi per non smontare la scompostissima organicità dell'insieme.
Il resto sono storielle di contorno, assolutamente in linea con il resto: alla mia richiesta di una nuova copia del demo precedente la riposta dispiaciuta è stata "incredibile ma vero non trovo più il primo demo"; ancora, allegata ai testi, c'è una nota che sottolinea come gli stessi non siano esattamente quelli cantati nel cd: "ci sono delle piccole differenze tra scritti e cantati perchè il giorno in cui registrammo le voci dimenticai i testi a casa...". Il tutto -sembra- assolutamente privo di forzature, con una candida, deliziosa naturalezza che fa invidia.
Ancora, anche se magari vi rovino una sorpresa: il disco si chiude con la lettura (attenta e seria, anche se non proprio 'da Gassman'...) di una pagina dedicata a Gianmarco Follini (nota: il disco è stato registrato ben prima della forte esposizione mediatica che il segretario dell'UDC ha avuto nella tarda primavera grazie a qualche presa di posizione 'forte' -poi miseramente ritrattata in brevissimo tempo- all'interno della maggioranza), che analizza brevemente il suo percorso politico, si spinge a fare previsioni su rosei futuri e conclude citando largamente la rivista femminile Amica (!) che ne analizza look e fascino. Sbalorditivo, fino all'esplosione finale con il lettore che, asettico, rivela la fonte: "Bruno Vespa, 'La grande Muraglia', 2002, Mondadori".
Geniale.
Quasi mi dispiace scriverne, 'condividendoli'.
Che -in un certo senso- sono stupidamente 'geloso' dei Den Van Stanten.
Di certo, con questo nuovo lavoro, hanno ritoccato ulteriormente in alto la loro già ottima posizione nella mia classifica dei "gruppi di cui attendo maggiormente il nuovo album".
E i concorrenti sono prevalentemente gruppi sciolti.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.