Un annichilente percorso dronico-ambientale tra le macerie di una megalopoli spettrale, fino al compimento del silenzio supremo.
Chelidon Frame ci dispensa, a modo suo e senza neanche volerlo, una sorta di trasfigurazione opprimente e infernale de “Le città invisibili” di Italo Calvino. Dentro “Imago”, infatti, l’idea di città si trasforma da luogo fascinoso, esotico e inafferrabile a (non)luogo post-apocalittico di disperazione e alienazione umana.
Il milanese Alessio Premoli recupera la parte migliore del suo materiale pregresso, lo razionalizza e lo racchiude all’interno di un drone-ambient a trazione rumoristico/siderale, figlio di un certosino home recording che mischia strumentazione analogica, diavolerie digitali, oggettistica varia e un bel carico di solitudine e nichilismo a presa rapida.
Per quanto palesemente derivativo “Imago” riesce a preservare una propria credibilità narrativa che profuma di anno zero laddove le sue nove composizioni vanno a dipanare un mix di visioni “carpenteriane” tanto distorte quanto futuribili: è dunque un’atmosfera di attesa logorante e desolazione cosmica a permeare l’intero lavoro, tra minimalismo contemplativo sull’asse Brian Eno/Tim Hecker (“A Monogram”), kraut rock di scuola tedesca (i Tangerine Dream e i Cluster ben mimetizzati dentro “Phase 1: Peak XV”) e quella soffocante oscurità à-la Sunn O))) che, oltre a incarnare l’ossessione musicale del Nostro, ci guida, con piglio funereo, per tutta la durata del nostro annichilente percorso tra le macerie di una megalopoli spettrale, fino al compimento del silenzio supremo (“Phase 0” e la conclusiva “Evening on Karl Johan”), come peraltro già preannunciato fin dai primi scampoli del disco (“Close the door, put out the light / Sleep, prepare for life /The last twist of the knife”).
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La recensione Imago di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-05-26 09:00:00
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