Un inno alla sensualità, all’erotismo, all’alcool, al fuoco e alla benzina
Come borborigmi ancestrali del pianeta terra, esce dalle crepe del terreno pugliese la musica degli A Morte l’Amore, frutto di una formazione minimalista – chitarra, basso e batteria – che collima con le sonorità di Bud Spencer Blues Explosion e Verdena, senza sottovalutare il costante rimando a certe riverberate atmosfere da cinema noir-poliziesco, stile Calibro 35, che rendono Taranto e Milano così lontane eppure così vicine.
Il sound del trio è un muro insormontabile, dentro il quale la voce di Giuseppe Damici, spesso e volentieri, fa perfino fatica a distinguersi dal bailamme elettrico che può definirsi un inno alla sensualità, all’erotismo, all’alcool, al fuoco e alla benzina. Arctic Monkeys e Black Keys sono i riferimenti più calzanti; “Giuditta”, “Chi vive d'amore muore di fame” e “Come mi vuoi” gli ascolti caldamente consigliati.
Il resto dell’album, d’altronde, si muove solo in una direzione e la band pugliese incarna il concetto diametralmente opposto a quello di eclettismo: basso poderoso, chitarra satura (in “I colpi” è una motosega pronta a tagliarvi via le orecchie dalla testa) e sezione ritmica sempre sul pezzo (i rintocchi di cowbell in “Mi abbracci, mi accoltelli” sono colpi di piccone che risuonano in un campo di lavoro forzato americano).
Descrivere come suona il disco omonimo degli A Morte l’Amore è molto semplice; suonare del buon punk-blues, invece, rimane un'impresa non proprio così scontata. Sono questi tre ragazzi pugliesi che lo fanno sembrare facile.
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La recensione A Morte l'Amore di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-06-16 10:00:00
COMMENTI (1)
Good stuff!