Come un gioco di incastri tra passato e futuro, perfettamente disegnato perché ogni angolo sia allineato per formare una figura vincente, centrata e dal gusto forte. il nuovo album dei Marlene Kuntz è un ritorno alla purezza aggressiva dei primi lavori, è un frutto denso di energia e chitarre distorte, e ha l’abilità di entrare in circolo immediatamente: basta ascoltarlo una volta ed è già tuo, garantito. Di certo portare in tour “Catartica” è stata la spinta primaria per avviare la ricerca di sonorità che fossero al tempo attuali eppure portatrici del seme originario della band, e il risultato è un cerchio di fuoco dove saltare con fiducia, dove cogliere le sfumature che hanno attraversato vent’anni per arrivare qui, ora, con vestiti nuovi ma con la stessa arrembante intensità.
Se la musica è un pugno, le parole hanno l’incisività necessaria per accompagnarla: c’è rabbia, denuncia, disillusione, ma non manca il brano che guarda l’orizzonte tendendo all’infinito (“Lunga attesa”), quello che osserva silenzioso in una stanza i tentativi di risalita di un amore (“Un po’ di requie”), l’altro che fa di morbidezze distanti e sensuali il letto dove distendersi, ovviamente insieme, come istantanea love song che ci fotografa per poi lasciarci andare e forse dividere (“Un attimo divino”). Il lato più ruvido è la facile conquista, e su tutte brilla “Fecondità”: le sue strutture sonore sono mattoni per costruire tensione, come se un piccolo, beffardo demonio si prendesse gioco delle nostre insicurezze e con naturalezza si infilasse nel cuore per accelerarne i battiti.
Ma le canzoni manifesto sono due: “Leda” e “La noia”, tipicamente kuntziane, con lo sguardo aggressivo e dritto al traguardo, potenti e corrosive, chitarre quasi fossero milioni di urla e spintoni, ti senti già a pogare sotto il palco. L’equilibrio tra profondità dilatate e attacchi alle spalle, tra luci soffuse e fari puntati negli occhi è la misura di questo disco, che contiene in ogni passaggio, spesso o sottile che sia, sentimentale o crudo, la voglia, una voglia così chiara e definita di suonare che non può non coinvolgere, ed è la cosa che colpisce di più: i Marlene oggi ci sono, col desiderio di esserci davvero, qui e ora, con la forza necessaria per dire ancora molte cose. “Lunga attesa” per noi, lunga vita agli MK.
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