Tutto troppo perfetto: mancano la vera malinconia, il dolore dei giorni inutili, e infine un po' di autenticità
Le diramazioni del vintage, della retromania e del gusto per le atmosfere del passato ormai si sprecano, specialmente nel mondo occidentale. Forse certificando un certo momento di crisi o comunque di stanca delle forme d'arte, sempre più giovani e meno giovani si rifugiano nel passato come unico porto sicuro da una vita troppo veloce e fluida per essere ingabbiata in rigide sì ma confortanti caselle interpretative. Solidi e con i piedi ben piantati a terra paiono invece i Siberia da Livorno i quali come si può leggere nella loro stessa biografia, si presentano come una band dedita alla canzone italiana nella forma della new-wave/cantautorato. Dunque coordinate piuttosto precise per questo giovane gruppo che, sin dal proprio nome, un diretto riferimento al libro "L'educazione siberiana" di Nicolai Lilin, non ha paura ad usare citazioni ed immaginari consolidati per la propria idea di musica. La prima canzone del loro "Il sogno è la mia patria", "Patria", non potrebbe essere più chiara in questo senso: una voce solida, tonante, rotonda, ritmi affilati, con sopra una sorta di patina di dolcezza solo un pochino amarognola figlia di tanto, forse troppo, cantautorato italiano. Eppure questa eccessiva lucentezza, sia nel cantato, che nella registrazione (troppo curata, troppo perfetta), risulta alla lunga deleteria per i livornesi. Infatti in nessuna parte del disco c'è un momento leggermente meno controllato e più lasciato esplodere liberamente. Anche nella quinta traccia, "Sospeso", ritornano le stesse caratteristiche, fatto salvo una canzone sicuramente gradevole: vi è però costante perizia dei suoni che rende tutto un po' troppo omogeneo e plastificato. Il consiglio migliore per i Siberia è quello di, se davvero il gruppo vuole essere autenticamente new wave e cantautorale allo stesso tempo, sporcarsi un po' la faccia con il fango dei momenti oscuri e la malinconia, reale, autentica, dolorosa dei giorni inutili: di pomeriggi pieni di sole e senza neanche un'increspatura sul mare i wavers non sanno che farsene.
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La recensione IN UN SOGNO E' LA MIA PATRIA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-05-18 00:00:00
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