Un album un po’ stanco, con pochi picchi da ricordare.
“C’hai i figu? Celo, celo, Buso manca, finisco l’album!”. “Elio samaga hukapan kariyana turu” partiva così. “Figgatta del blanc”, ventisette anni dopo, parte allo stesso modo. O quasi. Sì, le figurine e tutto il resto ci sono ma le voci, quelle stesse voci, sono riproposte al contrario. Una burla? Un vezzo? Una sottile metafora? Forse tutte e tre le cose insieme. Ma più che altro sembra un richiamo al passato, quando nel gotha di Elio e le Storie Tese trovavano posto gli attori porno e i rapporti tra giovani uomini e giovani donne. Poi si sa come sono andate le cose, la formula si è definita sempre di più e l’asticella si è alzata e, in effetti, anche stavolta gli argomenti toccati sono forti: si parla di Cina, bulli, inquisizione. Con un atteggiamento che è il solito, sboccato e cazzaro. Gli Elii si divertono, come sempre.
Resta da chiedersi se anche i loro fan continuano a farlo. Forse no. Almeno a giudicare dalla resa di “Figgatta de blanc”. Un album un po' stanco, deboluccio, ricco di canzoni inutili (come “Parla come mangi”, con il povero Mangoni ridotto a urlare uno scontato elenco di termini inglesi per poi chiudere con un altrettanto scontato “vaffa”), se non imbarazzanti (la cover di “Fifth of Beethoven”, già presentata all’ultimo Festival di Sanremo) o del tutto prescindibili (l’etnica “Cameroon”). Per fortuna, si riesce a volare anche verso l’alto: il prog di “Ritmo sbilenco”, con i suoi richiami ai Genesis, merita applausi convinti, il funky di “Vacanza alternativa” è di gran classe, così come l’r’n’b di “She wants” (testo a parte…). Emozione allo stato puro per “Bomba intelligente”, che ci dà la possibilità di riascoltare la voce di Francesco Di Giacomo, ma tutto il resto lascia il tempo che trova. Il disco non accende e non si accendone, al netto della solita bravura e della perizia tecnica di sempre (e stavolta non scomodiamo il musicista di Baltimora, quello coi baffi) e della solita (e a tratti dannosa) pletora di ospiti, da Lillo e Greg a J-Ax.
Già, manca qualcosa. Non stiamo parlando di un disco brutto, i dischi brutti sono altri, ma ci saremmo aspettati un colpo di genio vero (alla Elio, non uno qualsiasi), un guizzo decisivo. Difficile che qualcuno tra questi quindici pezzi possa diventare un classico, forse la sanremese “Vincere l’odio” (che, forse, un colpo di genio lo è davvero: il dibattito è aperto), ma poi? Se tra una decina di anni dovesse uscire un Best di Elio e le Storie Tese, quanto spazio troverebbe “Figgatta de blanc” al suo interno? Pochino, temiamo.
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La recensione Figgatta de blanc di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-05-09 00:00:00
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