Tamboo Tamboo produce senza dubbio agitazione positiva e oscillazione spontanea del corpo, come del resto tutti i generi da cui attinge (polka, swing, klezmer, tarantella, cha cha cha…), tanto retrò da lasciar pensare quasi che ci sia il trucco, a metà strada tra “Miseria e nobiltà” e quello che potrebbe sognare Tarantino (le frequenti incursioni surf della chitarra ricordano vagamente Dick Dale & His Del-Tones e “Pulp fiction”) dopo essersi ubriacato al compleanno di Roy Paci. E l’intero cd sembra un po’ un insieme di vignette pittoresche con le quali costruire un film fatto di evasi riacciuffati per un’amarena, tribù di cannibali intenzionate a divorare sindaci in trasferta, imbroglioni che “se la swingano dalla polizia”, fachiri che si impennano, mercati rionali e numi tutelari che sfilano in processione con il sottofondo della banda del paese (magari quella di Abbiate Grasso, visto che introduce l’open track…). La mia naturale tendenza all’anomalia mi porta ad essere incuriosita soprattutto dalle cose meno scontate e, fermo restando l’apprezzamento oggettivo per l’impatto offerto dall’ensemble, in particolare dalla sezione fiati, e il fatto che con “milano manaus” non si possa non ondeggiare e con “akuasporca” non si possa non ballare, personalmente ho trovato assolutamente soave la parentesi delirante offerta da “callasdigomma” e in generale mi è piaciuto lo spirito di ogni intermezzo. Per il resto dell’umanità ci sono proposte destinate ad accontentare tutti, sempre in quel calderone mediterraneo e popolare che mescola in levare i propri ingredienti e fa della geografia nota (Milano, l’oriente, le rive del Mar Nero) un percorso emotivo pieno di languide reminiscenze e passioni immediate. Certo, spesso le influenze sono tanto aderenti ai modelli da sfociare nella citazione pura (Paolo Conte in “ohi marie”, Carosone in “ciabattino dei tre desideri”, Buscagliene dietro le quinte e gli Aretuska alla ribalta…), ma proponendosi i “Figli” di “recuperare il patrimonio musicale del passato italiano” attraverso brani che possano farlo rivivere, devo dire che a questo punto l’operazione è anche legittima.
Sulla scia dei grandi, quindi, possono aprirsi le danze.
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La recensione Tamboo tamboo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-27 00:00:00
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