Sono perplesso.
Intanto perché già di suo è curioso il fatto che una band che si propone per essere recensita scriva una mail invitando a scaricare le canzoni dal sito.
Ma non è questo il punto. Le ho scaricate ed ascoltate tutte. Dalla prima alla quindicesima.
Il punto è che entrando nel sito sembra di essere ovunque tranne che nella “casa” di una band rock. Potrebbe essere il portale di un gestore di telefonia o di una chat.
Contatti, gallerie, forum, chat, blog, area download, sondaggi… di tutto.
Così l’aspettativa cresce, perché, penso, se è stata spesa tanta energia per l’involucro, il contenuto mi lascerà a bocca aperta.
E invece no.
Ascolto, fremo, mi distraggo, mi appello più di una volta al santo protettore dello skip perché mi dia la forza.
Sembra tutto finto, costruito a tavolino, studiato per essere quello che si suppone gli altri si aspettino. Se dietro ci fosse la mente di un discografico-venditore-di-saponette non mi stupirei, perché dai presupposti gli InBlue sembrano già pronti per decollare verso lo star-system e perché, come loro stessi dicono nelle note, sono “un progetto che verte nel creare un polo di musicisti capaci di collaborare, creare, arrangiare e suonare pezzi inediti "cercando" di dosare allo stesso tempo testi, valori e musiche in direzione commerciale, di largo consumo ma speriamo sopratutto di qualità”.
Ma la qualità latita…
D’accordo, sono solo demo, ma mancano i “fondamentali”, ovvero le idee. Arrangiamenti banali, uno stile descrittivo assolutamente lezioso e privo di qualsiasi emozione o passione, testi che sono un pregevole campionario dell’ovvio. Un po’ d’amore struggente, una spruzzata di moralismo politically correct (esemplare la canzone sulla guerra), finte storie di tutti i giorni degne di un reality show.
Scrivono ancora: “Crediamo nella musica libera, nella diffusione musicale tramite Internet; tale mezzo ci rende più competitivi rispetto ai più grandi nomi del panorama musicale italiano”. …ma per essere “competitivi” non basta regalare le proprie canzoni. I regali inutili finiscono spesso in soffitta a prendere la polvere. Per le cose preziose invece i soldi si spendono volentieri e restano a lungo nel cuore.
La frase finale nella presentazione poi è quasi irritante: “Non vogliamo fare il mestiere degli artisti... vogliamo solamente sognare di esserlo!” innanzi tutto denota scarsa convinzione e già questo indirizza sulla cattiva strada. In ogni caso attenzione, perché sognare è lecito ma c’è un momento in cui, inevitabilmente, suona la sveglia.
Volendo salvare qualcosa, vi suggerisco di sottoporre la traccia 5 (Dalle Stelle) a Ramazzotti. Potrebbe valorizzarla.
Rileggo quanto ho scritto e ci rifletto due minuti.
A tirare le somme, provate con una major. Non mi stupirei se vi dessero retta.
Ma a mio modesto parere non ci siamo.
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La recensione demo 2002/2004 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-27 00:00:00
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