Un nuovo disco dei Marta sui Tubi. In alcuni punti più ruvido e aggressivo, sicuramente lontano dall'ultimo “Cinque, la luna e le spine” (quello fatto a ridosso della loro partecipazione a Sanremo), in altri più consono al marchio di fabbrica a cui ci hanno ormai abituato.
“Lostilelostile” è il lavoro con cui tornano al terzetto originario: voce (Giovanni), chitarra (Carmelo) e batteria (Ivan). Per produrlo, i Marta hanno lanciato una campagna di crowdfunding che ha coinvolto i fan, barattando quote in denaro con concerti a domicilio o pomeriggi in sala prove e ricevendo frasi da inserire nei brani e disegni per la copertina. La band stessa lo ha definito un concept album dal punto di vista dei temi trattati nei testi, tutti dedicati all'incontro: con un amante, un amico, un lutto, un cambiamento della vita.
La chitarra di Carmelo si impone in un sacco di pezzi, a partire dalla traccia lanciata come singolo e che apre il disco “Amico pazzo”. A levigarla, ci pensano melodie ben studiate, che riescono a passare dalla strofa più ostica al ritornello che ti si appiccica al cervello, attraverso un bridge che pur rispecchiando la forma canzone tradizionale sbuca sempre un po' a sorpresa (e si sente in “Più di un'ora”). Si pigia sul pedale del grunge in pezzi come “Il delta del poi” o “Amore bonsai”, un filo più pop, mentre si punta su una soffice chitarra jazzy anni '80 in “Con un sì”, dal sapore leggero e orecchiabile.
Dal manuale dei Marta sbucano poi i brani brevi, che si portano dietro accelerazioni e scioglilingua e scale frenetiche e vaffanculo: “Da dannato” o “Rock e roipnoll”, ma anche “La calligrafia di Pietro”, dedicata al confronto con la morte. E insieme a questi, immancabili, ci sono i pezzi da brivido con il giro in acustico, che ci ricordano i tempi d'oro de “L'abbandono”. Uno di questi è senza dubbio “Spina lenta”, bel brano che emoziona anche grazie al duetto con Gigliola Cinquetti. L'altro è la dolcissima “Niente in cambio”, una ninna nanna-dichiarazione d'amore presumibilmente dedicata alla figlia di Giovanni: quasi da lacrimoni (qui anche Milano cerca di far piano), e perdonatemi se trovate stucchevole questo passaggio ma sto per diventare mamma e certe frasi ti colpiscono al cuore, inutile fare i duri e puri.
Verso la fine del disco c'è spazio anche per i synth, comunque. Per un po' di sperimentazione, per un divertissement elettronico (vedi il tappeto sonoro di “Un pizzico di te” o “Qualche chilo da buttare giù”). Si chiude con dei mormorii su oltre tre minuti di chitarre e batterie che si aggiungono e sovrappongono, un arrivederci alla prossima avventura.
Ecco, i Marta sui Tubi sono quel gruppo che con naturalezza tiene insieme, nello stesso disco, chitarre tamarre e passaggi raffinati, ballad e pezzi compressi e sparati, parolacce e frasi da scrivere sull'Invicta (forse nel 2016 è meglio dire negli status sui social). È il loro stile, appunto, è l'eterogeneità con cui conquistano fan di vecchia e nuova data. È la furbizia con cui fanno un disco come questo, che al primo ascolto ti fa storcere il naso ma che poi ti convince piano piano. Alla fine ti ci perdi dentro e capisci che è una validissima prova, ricca e in certi punti complessa. Magari non sarà il capolavoro per cui verranno ricordati dai posteri, ma di sicuro un passo migliore e più apprezzabile del precedente album.
In definitiva, è un sì. Poi ognuno ci metta il proprio gusto, la propria sensibilità nell'interpretare testi e arrangiamenti. Ma bisogna ammetterlo: ce ne fossero di canzoni così. Il mondo, forse, sarebbe un posto migliore.
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