La nuova proposta dei Pecksniff, a più di un anno di distanza da “Elementary Watson”, conferma la direzione intrapresa dal gruppo parmense verso un pop tanto etereo quanto surreale e annuncia il definitivo abbandono delle sonorità scomposte degli esordi. Insomma, se il disco precedente viene considerato il debutto ufficiale (in realtà erano stati pubblicati diverse autoproduzioni in precedenza) “The Book of Stanley Creep” dovrebbe rappresentare il disco della conferma. Di certo questo disco rappresenta un notevole sviluppo musicale del gruppo. Come spesso accade, nella vita come nell’arte, una maturazione personale richiede anche il pagamento di un tributo. Si acquista qualcosa in cambio di qualcos’altro. Occorre vedere se il saldo è positivo o negativo.
Oltre a poter disporre finalmente di un’ adeguata produzione di studio, i Pecksniff dimostrano di essere cresciuti sia in fase di composizione, che di arrangiamento e di esecuzione. Gli strumenti utilizzati sono molto più vari che in passato e vanno da qualcosa che assomiglia a un theremin in “We change the weather”, al pianoforte inedito di “Dolly Bell”. Anche i modelli d’ispirazione sono più ampi: il violino di “Normandy” porta alla mente i Belle and Sebastian, mentre il brano eponimo e “Inside of me a forest” sono indubbiamente influenzate dal folk irlandese. Anche gli ospiti sono numerosi e tra di loro spiccano Luca G dei Julie’s Haircut e D. Saranza dei Morose.
“The symphony of life” e “Good landscape” rappresentano forse l’ultimo residuo di quell’infantilismo sconclusionato che li ha fatti conoscere. Tuttavia che differenza col passato: le voci sono perfettamente intonate, le percussioni demenziali assomigliano in tutto ad una batteria canonica, gli strumenti giocattolo (dell’asilo) rientrano nei ranghi, eccetera. Mentre leggo il comunicato stampa dell’etichetta noto parole discordanti. Per la precisione non sono d’accordo su: “Indie-“, “lo-fi”, “regressione infantile”. Sono d’accordo su: “voci colorate”, “melodie perfette”, “-pop”.
Se tiro le somme devo comunque dire che il saldo è positivo: quello che la musica ha guadagnato in profondità e varietà compensa in pieno quanto ha perso in trasgressione. Non solo, questo è probabilmente il disco che permetterà ai Pecksniff di emergere definitivamente tra i migliori talenti pop del panorama italiano. Speriamo solo che l’apice della maturità debba ancora arrivare e che ci siano margini sufficienti per ulteriori evoluzioni creative.
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La recensione The Book of Stanley Creep di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-27 00:00:00
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