Sono passati quattro anni dalla prima volta che aveva messo insieme ventuno canzoni. Quattro anni in cui sembra aver scoperto di essere meno geniale di quanto pensasse, ma talvolta più poeta di quanto chiunque potesse immaginare. Così Bugo raccoglie se stesso, facendo un tuffo all'indietro per mettere un punto sul proprio futuro. Consapevole che non tutti i giorni sono uguali. Che può passare anche il mal di schiena se invece di andare sempre su e giù si prova ad andar dritti. Ma stavolta, ancora una volta, Christian Bugatti è Bugo nella sua espressione più densa e spettacolare. Quella lucida e instabile di chi progetta la spontaneità.
Due dischi appiccicati che si ignorano come due bambini innamorati. La presa in giro multiforme e abrasiva di "Arriva Golia!" e le malinconiche miniature acustiche de "La gioia di Melchiorre".
Bugo prova a fare tutto, anche se non è capace. Scoprendo che il lo-fi ad alta fedeltà non è l'unico ossimoro possibile se decidi di ridefinire quello che sei stato senza rinnegare quello che vorresti essere. Ecco allora i chitarroni acustici da folk party nel Tennessee, col vento tra i capelli e il whisky su uno sgabello. Usando un accendino cromato per scivolare sulle corde e il riverbero del tramonto per costruirci racconti fragili e sussurrati. Perchè è vero che il rock'n'roll degli americani bisogna sempre copiarlo un po', ma Bugo proprio non riesce a mettere da parte i dischi italiani degli anni '60. Senza vergognarsi di saper scrivere quasi come un cantautore vero. Quasi. Oggi c'è un artista confuso e ispirato, forse un po' stanco delle parodie quotidiane, che cerca di raddrizzare le giornate separando più possibile follia e lucidità. E ci fa due dischi. Con l'armonica sempre in tasca. Appeso alle immagini di chi ha un cuore come uno yo-yo che fa bunjee jumping dentro le proprie ferite, ritrovando il buon umore quando meno te l'aspetti. In fondo se una ragazza ti abbandona sul più bello non puoi augurarle altro che il suo paracadute faccia cilecca. E metterti a cantare. Svelando finalmente anche una voce leggera, senza nasconderla sempre dentro una tazza del cesso.
Stavolta Bugo produce quasi tutto in solitudine, ma non si fa mancare qualche amico, da Bruno Dorella a Joe Valeriano, da Uochi Toki ai Breakfast. Gente che sa fare silenzio al momento giusto per ricoprirlo di suoni e giocattoli quando è tempo di metter via le lacrime. Aiutandolo a levigare quel piccolo gioiello acustico di Melchiorre. Rovistando nella cameretta di Golia, piena di gingilli e cianfrusaglie. Sintetizzatori da asilo nido e potenziometri arrugginiti. Tamburelli e shake. Shanana canterecci, pop'n'roll e noisy country. Hard rock plastificato e funky ballads scombussolate. Break dance, loop colorati e glitchy house music. Tutto assurdo e instabile, ma anche dolce e delicato nella sua controparte. Sgraziato come un cane randagio e ruffiano come un modello in passerella. Terribilmente insensato e demenziale nei testi, eppure capace di essere addirittura poetico. Perchè Melchiorre e Golia sono due facce opposte della stessa persona. Prima e dopo quel taglio di capelli necessario per curare l'insicurezza nei rapporti. Mezz'ora prima di morire, o poco più. Tanto vale dimostrare che si può essere monocromatici con l'arcobaleno e poliedrici senza troppi spigoli. Con Beck e i Beastie Boys a fare il tiro alla fune su una sponda del Ticino. Neil Young e Battisti sdraiati sul lato opposto. Sperimentando a caso l'elettronica e sottraendo dettagli alla canzone italiana. Riconoscibile come un marchio di fabbrica.
Un personaggio giunto forse alla fine di un percorso. Un confine raggiunto, oltre il quale non sarebbe giusto andare. Non ci sono scorciatoie. La prossima volta la maschera va lasciata al suo posto, ripartendo dal talento. Intanto prendiamoci questi due dischi. Quello acustico è forse un capolavoro, quasi come "Sentimento Westernato". L'altro è "La prima gratta" alla massima potenza. Però li aveva già fatti.
Insomma, un applauso a Bugo, ancora una volta. Sapere che c'è lui in giro a me piace proprio tanto e anche questo disco va ascoltato. Ma la prossima volta è giusto fare un passo avanti e prendersi un posto nuovo. Altrimenti rompe il cazzo.
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La recensione Golia e Melchiorre di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-29 00:00:00
COMMENTI (2)
Nice site!
Gran bel disco.
Bè..Mi riferisco a "La gioia di Melchiorre" in particolare. Ci sono delle ballate davvero belle.
E ci ho messo 2 anni prima di apprezzarlo pienamente.
A chiunque abbia dei dubbi sulla musica di Bugo dico solo questo, dategli fiducia e apritevi alla suà sincerità che non può che conquistare. Grande!