Una band molto originale, una delle poche che ha tentato sulla breve distanza dei due/tre minuti di fondere la complessa sapienza compositiva del prog italiano con l'immediatezza del garage punk e di certa dark wave
Esordio autoprodotto per questa band di Crema che si fa notare per l'assenza in organico della chitarra e per un suono originalissimo che trasferisce, nella forma canzone di origine garage punk, le istanze del miglior progressive dark italiano, tentando un colpo non assolutamente facile sulla carta. Tutta la materia progressive viene portata avanti dal grande lavoro delle tastiere a cui è demandato il compito di creare quelle atmosfere che sono state il sigillo sonoro di band nostrane epocali come Goblin, Delirium, Fabio Celi e Gli Infermieri, i Numi, Jacula, Antonius Rex, Pholas Dactylus. Un altro punto fondamentale di riferimento, specie per l'uso della voce di Vasco molto urlata, spiritata, agognante sul tappeto di tastiere dark, sono gli Screamers di Los Angeles del 1978, seminale gruppo punk che già al tempo usciva totalmente dagli schemi. Fatte chiare queste fonti, ne esce il lavoro dei Blind Tigers che credo non abbiano pietra di paragone in questo momento in Italia.
I brani più riusciti del disco sono il finale "Days Of Chaos", una sorta di oracolo recitato con un'atmosfera dark sepolcrale. Poi il dark spettrale con un forte apporto di groove che mi ha ricordato certe cose più sostenute dei Numi di Pavia. "The Garden Of Hesperides", cavallo di battaglia dal vivo in una sorta di trance teatrale, è forse il capolavoro del disco, un garage punk tribale sostenuto da un ritmo devastante.
"Flamingos" mette di fronte ad un'ibrida e ardita fusione tra il prog dark sound di Antonius Rex con la forza scheletrica del punk. La componente wave, che non è affatto secondaria come attitudine nei Blind Tigers, emerge in "The King Of Rats", una sorta di Sex Gang Children che escono dalle pagine più remote di Peebles tanto per capirci. Mentre un paio di momenti tra Arthur Brown, gli Jacula ed i Delirium, li riconosciamo in "The Mask" ed in "Octopus". Forse il modello più propriamente garage punk del disco è "Krampus" che ci porta in un vortice di sguaiatezza degna dei migliori Morlocks virati in dark.
Una band molto originale, una delle poche che ha tentato sulla breve distanza dei due/tre minuti di fondere la complessa sapienza compositiva del prog italiano con l'immediatezza del garage punk e di certa dark wave. Solo per avermi ricordato gli Screamers di Los Angeles meritano tutta l'attenzione possibile. Non perdeteli dal vivo perché sono qualcosa di esaltante specie per l'atteggiamento tarantolato e carico di follia spettrale da parte di Vasco.
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La recensione The Oracle And The Sonic Delirium di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-06-21 00:00:00
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