Lu Silver torna sulle scene a distanza di 2 anni, dopo la buona prova ai tempi dell'esordio, di cui scrivevo che si trattava di "[...] un disco bello e a tratti anche particolarmente ispirato, cosa che non riesce a chiunque, visto che in casi del genere è facile smascherare chi ci prova e chi, invece, ci crede davvero". Insomma, l'ex vocalist degli Small Jackets già allora non passava per uno che si improvvisava semplice amante del genere (come se già non bastassero i trascorsi, tra l'altro) alle prese con una difficile materia come quella del rock'n'roll, tantomeno oggi possiamo affermare il contrario.
"The soul comes back to boogie" è infatti l'ideale prosecuzione di "Voices, harmony and silver strings", l'album in cui l'artista romagnolo raccontava il suo universo sonoro. Anche stavolta una dozzina di canzoni con le quali rinnova la sua irrefrenabile passione negli anni sostenuta e coltivata con l'ascolto di gruppi come i Faces ("Walking on a dream", "We're don't like your ties"), i Lynyrd Skynyrd ("I give you my blues", "Life is a stranger game"), i Love ("Valentina"), Warren Zevon ("Just another day", "Turn me on") e il Neil Young dei '70 (tributato con la cover di “On the way home”), tutti artisti le cui tracce riemergono con chiarezza durante l'ascolto di questo album.
Derivativo, certo, ma bisogna saperle scrivere e arrangiare le canzoni, perché non è solo questione di sound ma anche di attitudine. Non a caso quando su "I feel really junky" (uno dei brani cardine dell'opera) il Nostro canta "I'm a rocker", non fa altro che affermare ancora una volta la sua identità.
C'è comunque un intero lp per verificare le tesi del sottoscritto, ma ad una condizione: come per l'episodio precedente, stiano pure alla larga gli amanti della novità a tutti i costi: è questa l'anima di Lu Silver e non la baratterebbe per nessun'altra cosa al mondo.
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