I Cani dei Portici sono rimasti in due. E devono fare più che casino.
I Cani dei Portici sono rimasti in due. Adesso si tratta di fare casino senza bassista, e non sta solo qui la difficoltà dietro il loro nuovo lavoro. Il loro genere, che è fatto per sorprendere e avvolgere (implosione o esplosione che sia) deve in qualche modo colpire e distruggere, senza parole a mediare il tutto. Quindi, dopo l'ultimo disco uscito ormai tempo anni fa, occorreva anche reinventare tutto, per non annoiare e soprattutto per non annoiarsi.
In un certo senso ce l'hanno fatta, bombardandoci con 6 tracce davvero ben prodotte: innegabilmente la botta c'è, senza esclusioni di colpi, eppure, manca qualcosa oltre la botta. Non so di cosa abbia bisogno il post-rock per essere pieno, cioè per tirarti dentro subito in quello che c'è da urlare, non so cosa faccia davvero la differenza nell'ascolto di lavori simili a questo, ma mi rendo conto che alcuni più di altri inondano, straziano e, soprattutto, alcuni più di altri ti lasciano addosso, dopo, un residuo di quello che tirano fuori durante l'ascolto. Penso ad esempio ai San Leo, con identica formazione.
Se quindi fatico a identificare cosa manchi a questo disco, mi rendo conto di cosa chiaramente c'è. Innanzitutto il mare, che ti viene spudoratamente fatto ascoltare in sample all'inizio e alla fine del disco: escamotage facile, ma che aiuta a intuire meglio l'atmosfera del resto dei brani, i flutti di notte. Il mare delle infinite possibilità dopo la morte di Dio (esplicito sorriso a Nietzsche). I Cani dei Portici questo mare lo vedono inevitabilmente "Buio" e lo raccontano in diversi momenti, alcuni più euforici ("Vamonos"), altri più spaventati ("La gente deve capire").
Mare, errore e nulla. Una terna che definisce una certa ortodossia post-rock. Tutto a puntino, eppure forse troppo facile, almeno in un disco. Mi viene voglia di vedere le possibilità live di questi pezzi, dove è tutto più immediato e capita sicuramente di tornare a casa con quel qualcosa che non torna, ma nel disco confesso che sembra tutto fermo, pur nella violenza.
"Jonio" butta lì una luce acustica, incerta ma chiara (ci sono persino i gabbiani alla fine), ma da dove viene fuori? Dopo svariati ascolti appare quasi ingiustificato punto di arrivo inevitabile, ma non credo basti questo a chi ha visto il Buio di prima.
"Due" è quindi un disco con premesse non facili, vari spunti e tanta esperienza, che colpisce sì, ma, forse, solo in superficie.
---
La recensione Due di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-10-19 00:00:00
COMMENTI