Tra cover e inediti, I Monaci Del Surf coinvolgono come sanno fare loro.
“Heart-Shaped Box” dei Nirvana in versione surf è un’idea tra il sacrilegio e la messa al bando. I Monaci Del Surf la piazzano lì, all’inizio del loro nuovo disco, e sembrano dirti sghignazzando che gli anni Novanta sono finiti due decenni fa e che la disperazione di ieri è talmente fuori moda da meritare tutto il sarcasmo spietato di oggi: kill your idols, e così sia. Poi la band attacca a suonare e ciò che esce è, beh, un’altra storia. Rullante svelto e leggero, certo. Riverberi diffusi ma non invadenti, ovviamente. Un passo decisamente accelerato e fresco che trasforma quella traccia - che ha inaugurato il primo degli ultimi giorni di Cobain - in un brano strumentale quasi desertico, un dramma a metà in cui il nero sfuma e il bianco non prevale. Sorprendente.
“Lamette” di Rettore è invece proprio come ci si poteva aspettare: divertente, spensierata e ultra surf. Non c’è l’effetto wow, piuttosto c’è la certezza che questo pezzo già adesso un cardine del repertorio dei Monaci Del Surf. “Come Out and Play” è un omaggio ai migliori Offspring: non si discosta molto dall’originale ma accentua le sfumature surf e ne restituisce la potenza in maniera efficace. Da fuoriclasse è la cover della sigla di “Game of Thrones” (pubblicata inizialmente in "Game of Songs", una compilation a tema curata da Rockit), che fa ballare e sudare alla grande in due minuti scarsi (ehi, Joffrey, li vuoi alle tue nozze?). Poi ci sono i due brani scritti dai Monaci, “Il Mostro di Pongo” e “Basta”, che sono forti abbastanza da reggere il confronto con le cover (il primo in modo particolare punta a essere una sorta di stoner-surf eccentrico e coinvolgente). Bene così, allora.
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La recensione Monaci del Surf vol 3 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-06-24 10:00:00
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