Band dall’afflato veramente internazionale i Full Effect, attivi sin dal 1994 e con molti concerti anche di un certo spessore alle spalle. La loro prospettiva orientata verso l’estero la si evince anche dalla loro musica, emo-core serrato e tagliente, ovviamente in inglese. Un movimento, questo dell’emo-core, che ha ormai attecchito in gran parte del mondo, con band anche di spessore presenti in molti paesi al di fuori degli States (si prendano ad esempio i giapponesi Endzweck o anche gli Envy). I Nostri si destreggiano abilmente nei canoni del genere, ricordando ad esempio i Deftones ultimi in un brano come “Cry down”, e producendo alla fin fine un album tirato, pesante e dalle linee vocali distorte ed urlate, come d'altronde ci si aspetta da un gruppo che si muove in un’arena popolata da nomi come Sparta (una volta avrei detto At The Drive-In, ma le cose cambiano…), Thursday, From Autumn To Ashes, As Friend Rust e quanti altri.
Ed è questo il punto focale: la band ha capacità e ha prodotto un disco che si pone ad alti livelli qualitativi, ma non riesce a dire qualcosa di nuovo o quantomeno di veramente personale. Certo è che in un campo così inflazionato come quello dell’emo-core è difficile riuscire a non confondersi con la massa, ma proprio per questo si deve assolutamente protendere verso un suono proprio, un’identità distinguibile e unica. Vi sono anche episodi che suggeriscono la possibilità e la volontà di affrettare il passo, ad esempio “Madame Lily” segna qualche punto a suo favore, e “Red toy” potrebbe con un po’ di (mia) fortuna assurgere al ruolo di spora e contaminate magari le loro prossime produzioni con un’elettronica adatta (come suggerisce anche, seppur con meno dinamicità, “The Wheel”), oppure la band potrebbe protendere verso altre soluzioni tra le migliaia possibili, dalla tecnica al dinamismo musicale più spinto. Ma ad oggi il disco suona nel complesso troppo derivativo, di qualità, sicuro, ma troppo derivativo.
Aspettiamo con fiducia i Full Effect alla prossima prova, che forse riuscirà a sedurre anche chi, come me, non ripone particolare fede nel genere. Ma per quanto riguarda coloro che lo apprezzano, vi assicuro che potrete trovare grande soddisfazione in questo disco, e ve lo consiglio caldamente.
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La recensione Reconcilement - At Present, A Sweet Lullaby di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-10-09 00:00:00
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