Ci sono molti modi di essere italiani. Si può essere italiani patrioti e difendere anche nel torto il bel Paese per puro spirito d'appartenenza, si può essere italiani critici, costruttivi o no, sempre pronti a rimostranze e dibattiti su ciò che non funziona, contro le istituzioni e il popolo medio. Si può essere anche italiani indifferenti, andare avati a tracciare solchi attorno al proprio orticello tutto il giorno senza curarsi di quello che accade un metro più in là e ficcare il naso di tanto in tanto oltre la siepe giusto per aver da pensare.
I Matrioska sono una band milanese (quindi italiana) in attività da 10 anni, e proprio nell'anno del decennale hanno scelto di pubblicare un disco di canzoni che più italiane non si può. Essere italiani nella musica è un'arma a doppio taglio se si considera che siamo nel 2016, e difficilmente si evitano le ferite. Per chi ascolta soprattutto.
"Occhi mossi" è il titolo di un album che racchiude la maggior parte dei difetti del rock italiano. Dodici tracce di rock melodico che descrivono un mondo adolescenziale oramai passato da un pezzo per il sestetto lombardo, un incrocio tra Tricarico e gli 883 fumati. Il Peter Pan che è dentro ognuno di noi probabilmente si starà già indebitando con le banche per la macchina e i Matrioska imperterriti continuano a propinare storielle di diciottenni complessati e ribellione premestruale. Antonio Di Rocco e soci girano tipo kebab, riscaldati dalle note maggiori, con la batteria che si ferma a due pattern due, con armonie che si rispecchiano in quelle dei melodici anni '60.
"Milano" (definita la città del "chiaroscuro" in cui è bello camminare e pensarsi altrove) è penalizzata da un cantato alla Vasco Rossi e un testo che ci trascina nei luoghi comuni più biechi del capoluogo meneghino, tipo la nebbia. Con "Tu" si tocca la similitudine con i brani di Fiorello periodo karaoke, mezzo ritornello e si inizia a cantare: "Puoi, liberarti se vuoi, nessuna giostra ormai girerà più per noi, non lo capisci?". Neanche a dirlo la voce è perennemente fuori dallo strumentale come se volesse andarsene, le presentissime virate nello ska, marchio di fabbrica storico dei Matrioska, sono la conferma di una carenza evolutiva.
Dopo dieci anni di carriera continuare a tergiversare su un genere come lo ska (già fuori dal tempo negli anni '90) è svilente, soprattutto per una band che l'amalgama ce l'ha, ed anche le capacità tecniche. Mancano le idee ed un buon missaggio. Manca la voglia di essere italiani nel modo giusto, perché fare musica in Italia si può anche senza essere le copie (brutte) di se stessi.
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