Immaginatevi l’esperienza traumatica di un piccolo discoletto che venga obbligato dai genitori a partecipare alle selezioni per lo Zecchino D’Oro, e che si trascini il dramma sino alla prima pubertà. E qui, tra rabbia, ormoni e voce in cambiamento, decida di diventare il frontman di una band punk locale sarda e di incidere con la sua vocetta stridula un disco che affondi le proprie radici nelle sonorità punk-melodiche che fanno capo a scuola Ramones. Figuratevi testi d’amore, di rivoluzione da sabato sera e d’estati passate, ma cantati come farebbero dei veri ribelli punk che si siano appena sbarazzati della loro ormai ingombrante collezione di vinili dei Beatles. Unite il tutto ad una registrazione tra il lo-fi e la prognosi riservata, per accentuare ancor di più lo spirito rozzo e sputato che permea l’esecuzione di questi brani. Brani che per la maggior parte, se solo fossero stati affidati alle cure di qualche band di Shibuya-key come Pizzicato Five o Kahimi Karie, si sarebbero rivelati facilmente dei piccoli batuffoli di zucchero filato usciti dagli anni ’60-’70.
Ed ecco che per incanto vi avvicinerete alla realtà dei Lazy Bones, cosa di cui credo siano consci anche loro, dato che nel libretto le foto del gruppo sono piccoli faccini di infanti in bianco e nero. Putroppo il risultato, che può anche strappare qualche sorriso per la sguaiatezza con cui si propone, non è assolutamente convincente, anzi ci si chiede come e perchè siano stati pubblicati loro e non un altro milione di band italiane ben più meritevoli.
Ora, o i Lazy Bones, con un colpo di coda e di spirito, riescono a far fruttare il loro sound da leccalecca sapor ruggine, magari con una cover punk di “44 Gatti” o di qualche jingle pubblicitario del tardo dopoguerra, chissà, oppure si impone a mio parere un drastico cambio di rotta.
Non vi sforzate a cercarlo.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.