Un buon esempio di arte “pensata” con l’anima, tra filtro intellettuale e urgenza creativa, dove persino la vita è racchiusa in un ritornello.
L’ascolto di questo album è la compiaciuta percezione di avere tra le mani una perla incantevole, sin dal primo momento. Dotata di una luce autentica, la materia sonora è pulviscolo di magia e prodigio, suggestione di parole in rima. A conquistarci è la sostanza delle composizioni, la loro architettura: quella ricerca di equilibrio tra jazz, pop e canzone d’autore in cui armoniosi sbuffi si levano su fiati e archi, piano e contrabbasso. Tra le molte brutture di oggi, un buon esempio di arte “pensata” con l’anima, tra filtro intellettuale e urgenza creativa, dove persino la vita è racchiusa in un ritornello.
Le nove tracce del lavoro confermano la forza espressiva dell’autore/musicista che spalma parole e melodie a profusione, con un’originalità indispensabile a scacciare i fantasmi dei pionieri del passato. Di certo si rintracciano riferimenti importanti (Fossati, Graziani, Marco Parente), tuttavia attraverso una rielaborazione delle influenze da cui scaturiscono scelte esecutive fresche e personali, senza mai cedere ai cliché. Un cantautorato forse, a tratti, autoreferenziale ma dotato di personalità.
Partiamo dall’inizio. La canzone di apertura vale, da sola, l’intero album per la sua soffice speculazione malinconica che sfuma in piccole aperture di archi e cori. “Le stelle quando cadono hanno paura” di quanto siano grandi i desideri e certi pensieri bui, per poi spegnersi al sorgere del sole che dissolve paure e incertezze. “Leopardi (Luna blu)” è una dichiarazione d’amore alla luna: la sola capace di ascoltare i reali sentimenti degli uomini e nello stesso tempo rimanere impassibile e indifferente ai loro occhi. In stile smaliziato e ammiccante, un pezzo gradevole e leggero. “Rita” è un tocco jazz di lirismo, freschezza e seduttività; la stessa felice gioia compositiva che si riscontra nello swing di “Buco in testa”. Opacità in controluce e un velo di mestizia appaiono tra le note di “Tu dall’universo” e “nel mio pensiero morbido”: l’incanto di un momento in cui tornare ad essere se stessi lontano dalle bugie del mondo e dell’amore. Fino all’epilogo (“La notte poi”, “fragile”) dove raccogliere insieme i sogni e le fragilità di essere uomini.
Un disco da ascoltare con attenzione perché sono rari i casi in cui gli arrangiamenti, le melodie e le parole vivono in un connubio perfetto. E laddove si percepisce una dota compositiva importante, di certo si sa che è frutto di un talento raffinato il cui pianoforte fa brillare la sua coda più ancora di quella di una stella cometa. Che ora non ha più paura di cadere nel buio.
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La recensione ASTRAUTORE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-09-20 00:00:00
COMMENTI (1)
Bellissima recensione per un disco meravigliosa!