Aspettiamo questo ragazzo alla prossima prova che sia di maturazione e crescita: "On the road" per ora ci sentiamo di accantonarlo come un incidente di percorso.
In un'Italia che spesso sembra aver perso la propria coscienza sociale e politica, indipendentemente dal pensiero e dalla contrapposizione d’idee; in un Paese in cui cortei, picchetti e contestazioni sono stati spesso sostituiti da starnazzi fatti ad alta voce in agorà digitali chiamate social network, viene da chiedersi quanto sia necessario il rap che muove dal basso e che non si limiti all’analisi sociale dei tempi che corrono ma che sia di contestazione, lotta e che funga da grimaldello per le menti aperte ma distratte.
La risposta è ovviamente sì, orgogliosamente sì, ma con una premessa: l’analisi di sfuggita dei moderni tempi di oggi è ormai una cosa che hanno imparato a fare tutti, anche i più nascosti o più impensabili, Achille Lauro con "Coca Cola light" ne fa una fortissima; idem Bello Figo Gu che ridendo e swaggando mette alla berlina più di un’incoerenza. Lotta contestazione e apertura della mente e degli occhi ai problemi del Bel Paese invece se ne vedono pochi. Orgogliosamente gli Assalti frontali ("Banditi" andrebbe fatto studiare a scuola) ne hanno fatto un manifesto vitale che non ha mai smesso di far pulsare valori, battaglie, talvolta anche odio, simboli ormai accantonati in favore di selfie e filtri da smartphone, evitando di sparare nel mucchio, evitando di fare testi demagogici che rischiano di diventare fin troppo scontati, cosa che invece è un po' la sensazione che ci pervade alla fine dell’ascolto di questo lavoro.
Eppure le premesse per cui "On The Road" del tarantino Bleedz fosse un qualcosa di nuovo per andare a parare in questa forma di ribellione c’erano tutte. L’idea di fare un viaggio quasi di dantesca memoria tra le macerie di un’Italia finto-progressista, come lui stesso dice nella presentazione dell’album, era buona e interessante, peccato sia rimasta forse allo stato embrionale e sviluppata in fase superficiale e poco originale. Ci sono tutti tutti i dogmi della contestazione social, per carità: dai marò al profugo siriano, l’immigrato, Salvini (trattato qui con tanto di trombetta e ritmo balcanico da concerto del Primo Maggio, ancora?? Sì, ancora). La noia sale quando ci accorgiamo che tutti questi argomenti sono sempre rappati troppo di sfuggita, troppa birra e cannette e poca voglia di penetrazione all’interno dei concetti, delle idee, delle argomentazioni, che così rimangono territori soltanto sfiorati, in un viaggio evidentemente affrontato ad alta velocità quando invece poteva e doveva essere percorso come un cammino a passo lento e oculato.
Tecnicamente poco da dire: non è questo il rap da skill e trick mirabolanti, sebbene anche qui Militant A o gli stessi Sangue Misto abbiano insegnato che si può fare dell’ottimo rap anche lottando. Il flow di Bleedz non è malaccio ma a volte la chiusura della rima è sforzata e porre l’accento sul closing della barra non è un trucco che può durare all’infinito.
Musicalmente invece nulla da dire, tolta la ritmica di "Si salvini chi può", ormai stantia come il concertone a San Giovanni e per cui Caparezza potrebbe chiedere spiegazioni, il resto è un buon funk suonato che può crescere sicuramente ancora molto, ma che nei live potrebbe funzionare.
In conclusione, ci sentiamo di rimandare il lavoro di Bleedz con amarezza, convinti che si possa fare di più, consigliando di entrare più in profondità nelle questioni affrontate, senza paura, picchiando duro e con meno superficialità. Ci sono delle cose buone, i concetti sono chiari, ma se indignazione dev'essere, dev'essere totale e non brusio. Aspettiamo questo ragazzo alla prossima prova che sia di maturazione e crescita: "On the road" per ora ci sentiamo di accantonarlo come un incidente di percorso.
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La recensione On The Road di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-11-03 00:00:00
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