Già al primo ascolto realizzi che gli A. A. Trio sono una band sui generis, composta da musicisti veri impegnati nella costruzione di un progetto sonoro personale e dotato di senso. Come dire: c’è il mezzo e c’è il messaggio.
Quattro tracce strumentali dalla struttura ricercata che trasudano passionalità poetica, eccellente risultato di un originale sincretismo tra fusion, latin, classica, jazz, con idee e spunti progressive (ricordate i Balletto di Bronzo di “Ys”?).
Il demotape è aperto da “Lejenda”, rivisitazione dell’omonimo brano di Isaac Albeniz (concertista di pianoforte di fine ottocento, universalmente noto come l'iniziatore della moderna scuola compositiva spagnola): incipit raffinato di tastiere avvolgenti (Giovanni Napolitano) e pianoforte nervoso (Angelo Amoruso), sorretto da una ritmica incisiva e mai invadente (Salvatore Napolitano), con un effetto complessivo di notevole suggestione ed equilibrio.
“Fuga dalla torre” ha un’anima jazz alimentata dal virtuosismo di Amoruso (che ha studiato al conservatorio e si sente) e da una impalcatura ritmica solida ed elegante, mentre in “Red Emily” l’intreccio tra la fisarmonica di Giovanni Napolitano e la chitarra di Amoruso è un invito alla danza che ti trascina in un’atmosfera d’altri tempi, esotica e festosa dal sapor dolceamaro.
Infine, “Lontano” conduce l’immaginazione verso l’altrove, meta del viaggio, svelando la chiave di un percorso circolare in cui tutto (ri)torna.
Unico suggerimento: continuate in futuro a concentrarvi sulla sperimentazione, la capacità ed il talento ci sono, sta a voi farli fiorire ogni giorno sotto una luce nuova.
Un lavoro intelligente e di classe, quello dei romani A. A. Trio, che merita di acquisire visibilità e di essere valorizzato e dalla critica e dal pubblico. Per chi crede ancora che il buon gusto non sia un’opinione.
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