Minimalismo jazz in uno scenario cupo e apprensivo.
La figura dell'orso bruto dal punto di vista cinematografico è piena e stracolma di esempi e identificativi. Basti pensare che solo negli ultimi tre anni due film come "Brave", con l'orso nero Mor'du che strappa via una gamba al personaggio Fergus, e "The Revenant", con l'ormai celebre scena dell'attacco al protagonista Hugh, si sono aggiudicati due Oscar come miglior film. E nella musica? Tanti sono i nomi di artisti associati a questo animale. Dai lombardi L'orso, intinsi oramai da una lunga carriera anche discografica, a nomi di proiezione internazionale come Grizzly Bear e Panda Bear tanto per fare qualche esempio. Molti meno sono invece gli album dedicati a questo animale, raffigurato o come extra buono e piacione oppure come violento e, soprattutto, minaccioso.
Gabriele Panico, compositore e produttore pugliese, ha deciso, a leggere il titolo del suo primo album, la seconda delle due raffigurazioni. Sebbene appunto sia il suo primo lavoro sotto il proprio nome, si sta parlando di un personaggio che è artista da anni, cimentantosi in diversi generi musicali anche con sfondo cinematografico. Ed è quest'ultima esperienza ad essere molto importante dato che potrebbe risultare la giusta chiave di lettura per capire e assimilare "OrsoBruto". Questa raccolta di otto canzoni, infatti, sarebbe perfetta per essere utilizzata come colonna sonora di un film dove l'orso cattivo non sarebbe che la personificazione di uno stato d'animo: inquietudine e suspense su tutte.
Dal punto di vista musicale, la scelta di fare del jazz la colonna vertebrale delle canzoni risulta essere azzeccata nell'ottica di voler donare a tutto il lavoro i connotati di colonna sonora. A differenza del jazz classico, però, l'incedere del contrabbasso è in questi pezzi sostituito da un vigoroso basso elettrico o da un synth rimbombante di note gravi. La tradizionale e squillante tromba invece dagli accordi ed effetti acuti delle tastiere, a volte quasi somiglianti ad una chitarra elettrica.
Nel dettaglio, dunque, l'interpretazione tenebrosa della figura dell'orso associata a queste canzoni, colme di riverberi ed echi, può essere facilitata da alcuni aspetti. Come indicazione, ci si potrà far aiutare dalla copertina (misto tra una folla di gente intenta ad assistere ad un evento sportivo oppure a fuggire dal pericolo di una rivoluzione in atto) oppure dal funky della title track "OrsoBruto". Oppure, se non dovesse bastare, si potrà fare affidamento alla solennità di "Honestly Biluba" oppure dal minimal, oscuro ed elettronico, della traccia di chiusura "Pozar". Da questa interpretazione, ne nascerà di conseguenza anche un giudizio nel merito musicale che difficilmente, per uno stile così di nicchia e a volte spigoloso, potrà essere slegato dal gusto e dall'indole dell'ascoltatore.
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La recensione Orsobruto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-07-27 00:00:00
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