Gli Airportman hanno una lunga storia alle loro spalle, e ogni volta che ci si approccia a un loro lavoro si ha la certezza di trovare qualcosa di straordinario: musica scritta per raccontare esperienze e storie, nata da un’esigenza concreta, che cerca di portarti in un mondo costruito per eludere le logiche tradizionali che regolano il tempo e definiscono lo spazio. Come sarebbe svegliarsi da un lungo sonno, nel quale la coscienza di sé si è persa in un limbo oscuro, fare i conti con i propri fallimenti e con l’amara consapevolezza che forse i sogni non esistono più. "Anna e Sam" è tutto questo: un album concettuale al limite dell’ermetismo, che tenta di esplorare la parte più intima di ciascuno alla ricerca della risposta più grande che si possa cercare, alla ricerca del senso più alto e a volte nobile della nostra esistenza. Un processo di analisi che passa attraverso otto brani contraddistinti da un’onnipresente e prevaricante malinconia, che al pari di una sottile lama penetra silenziosamente, senza lasciare evidenti tracce esteriori, si annidia voracemente nel profondo, scavando fino all’osso della propria sensibilità.
La potenza evocativa dei brani è inversamente proporzionale alla loro ricchezza, la scelta del gruppo infatti ricade su melodie minimali, quasi scarne che affidano perlopiù al pianoforte la voce principale della narrazione. Narrazione spesso in solitaria, delicata e intensa che sottolinea i momenti in cui il pathos raggiunge i suoi picchi più alti, ma che altrettanto frequentemente viene arricchita da un deciso tagliente sax e da una morbida e calda chitarra acustica. "Anna e Sam" è un lavoro complesso che affonda il proprio senso in un percorso introspettivo estremo, che tocca l’anima con lentezza e fluidità e che merita sicuramente più di ascolto per colpire. La tensione, il pathos sono sempre ricercati, quasi eleganti nella loro disperazione.
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