Esordio solista dalle due facce per uno dei capisaldi del reggae italiano. Anzi veneto.
Marco Furio Forieri esordisce come solista dopo 30 anni in compagnia dei fratelli Pitura Freska e una più recente storia musicale firmata Ska-J, con un album musicalmente divertente che tocca diversi generi musicali partendo sempre dalla matrice reggae e ska. L'esordio da solista per un musicista navigato spesso coincide con un'autobiografia, arricchita di sfoghi e qualche sega mentale.
"Furiology" è perfettamente in linea con questa dinamica, le 10 tracce nella scaletta parlano in prima persona e macinano concetti universalmente apprezzati come la libertà e l'amore, sempre con ironia in gergo locale. Furio ha deciso di sperimentare con i suoni ma di non smarcarsi da una territorialità che da sempre contraddistingue tutta la sua carriera, anche nel suo debutto canta per la maggior parte in dialetto veneziano, ponendo l'ascoltatore poco avvezzo all'idioma ad uno sforzo interpretativo non da poco.
È l'autoreferenzialità a farla da padrone in brani come "Furio Xe Qua", in cui sostanzialmente si apprende che "Furio è qua" ed è pronto a sciorinare tutti i difetti della sua città con una critica poco velata; e anche in "Molesto", "Carico" e "Stasera me fasso mal" che sembra una nuova "Ma quale idea" di Pino D'Angiò, approcci simpatici a donne improbabili. "Furiology" è un disco allegro e dagli arrangiamenti esplosivi, il mix di funky, reggae e pop è riuscitissimo, l'esperienza si traduce benissimo nelle canzoni che, seppur non complessissime dal punto di vista della composizione si fanno ascoltare e muovono la testa.
I testi al di là della invalidante declinazione veneta, sono molto musicali, ma a tratti stucchevoli per la ridondanza di riferimenti e opinioni personali, cantante esattamente come se si chiacchierasse al bar. Questo tipo di scrittura può risultare ghettizzante: in pratica o si è il protagonista dei brani o non si arriva ad un'immedesimazione empatica. Difficile che una canzone di Marco Forieri possa essere "tua".
Un'opera prima che va presa senza pensare troppo, ma facendosi trasportare dal ritmo e dai bellissimi giochi di sax che si spargono ovunque. Affrancarsi dalla veneta patria è uno step troppo grosso per Furio, perché Venezia è bella ma chissà quanti ci vivrebbero o la canterebbero, se è solo il dialetto il linguaggio possibile.
---
La recensione Furiology di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-07-08 00:00:00
COMMENTI