Sono originari di Aringo, paese dell'Abruzzo. Sette elementi uniti dalla passione per la musica folk
Una grande famiglia. Una lunga amicizia alle spalle. "Piccole Storie", l'album più recente, si ascolta con piacere: limpide sonorità di matrice prettamente acustica, arrangiamenti curati, musicisti che dici:"Questi suonano da una vita". Eppure, via via che scorrono i brani, hai la sensazione non tutto quadri a dovere. Che molto, cioè, si sia già sentito. Tanto da non capire dove finisca la sana contaminazione e cominci il morbo irreversibile. Poco da eccepire sui singoli membri, ognuno dei quali offre la propria voce e suona almeno uno strumento. Quando il cd compie l'ultimo giro sul lettore, però, si rafforza l'idea che il loro background musicale abbia finito per penalizzare una maggiore necessaria originalità. "Bella me", "Se po' vo' revola'" e "Piccole storie" sono avvincenti ballate country-folk-blues che vedono Fabio D'Amico (curiosa l'affinità vocale con Fabrizio De André) cantare in dialetto abruzzese. Ecco: prendete la terza e ditemi se non trovate tracce de "Il bandito e il campione" e "Vecchia valigia" di De Gregori e qualcosina de "Il pescatore" del compianto maestro genovese. Mario Di Giammarco si presta invece a interpretare "Semplicemente D" (con giro d'armonica assai Dylan sixties), "Viaggi" (gradevole ma sorvoliamo su alcune liriche… anzi no: "Guarda che luce nel mattino, amore mio/ Guarda è primavera… Guarda che tramonto stasera…") e "Inostri anni", vicina ai Modena City Ramblers e di cui De Gregori potrebbe davvero chiedere i danni. Dopo l'episodio idilliaco de "Le strade che portano a te" cantata da Marco Scarpellini, è il turno di Provvidenza Rizzo, unica figura femminile nella band. Qui occorre spendere una parola di più. "Sogno" non è male ma ci sono frammenti di testo che fanno rabbrividire: "I tuoi occhi dentro ai miei/Le tue mani tra le mie/I nostri corpi un unico cuore/E intorno solo amore ". Ok, è un sogno, e ai desideri all'inconscio tutto è concesso. Vabbene anche decantare l'amore, com'è consuetudine, nel modo più genuino. Certo però si poteva fare di meglio. Tra l'altro il pezzo mi ricorda non poco la vecchia hit "Coconut Grove". "Pensieri blu" è per una cara amica, bella l'atmosfera evocata ma voce della Rizzo talmente flebile che sembra non reggere l'impatto con la superficie melodica. Per quanto riguarda "Il castello", infine, dolce ballata con D'Amico di nuovo al timone, mi ripeto a costo di risultare antipatico: il piano è un po' in stile "Notte prima degli esami" di Venditti e il ritornello, benché diversamente arrangiato, mi ha spedìto dritto a "Chimes of freedom" di Dylan. Gli ArinGroup cantano le cose semplici, la vita nei suoi aspetti incorrotti. Sono teneri, ottimisti, romantici. Da questo punto di vista, almeno, hanno il mio plauso. Che siano cresciuti a pane e Folk Studio spalmati di Dylan versione Nashville Skyline e John Wesley Harding, si sente. Dicessero loro Goodbye, risulterebbe tutto più interessante.
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La recensione Piccole Storie di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-11-07 00:00:00
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