Un disco che necessita delle giuste intenzioni dell'ascoltatore, pena la noia istantanea.
Nei 90s, lo slam è stato uno dei movimenti più vitali ed energetici della poesia, capace di riaccendere l'interesse intorno alla stessa e alla performance artistica. Il poetry slam fu ben ricevuto tra i giovani poeti, meno tra gli accademici, e aveva spesso chiare connotazioni politiche. Movimenti come quello Beat o della Negritudine erano molto interessati alla performance dal vivo e lavoravano proprio su questo aspetto.
Siruan, con le sue "Gocce", non è così lontano da quella tradizione. Una serie di testi che si allontanano dal rap più classico (genere da cui viene l'artista) e, tra una frecciatina a Guè Pequeno e una citazione a Whitman, cerca di parlarci di cose più o meno "profonde": l'amore, la pioggia, questo sistema che ci aliena e ci fa perdere di vista la nostra umanità, la solitudine, la qualunque. A un lavoro che di per sé è già abbastanza pretenzioso, Siruan ci mette il carico campionando artisti come Yann Tiersen, Odesza, Lindsey Stirling, Wim Mertens, Yanni e Shantam. Una mossa, questa, azzeccata.
Nonostante i tappeti musicali siano spesso interessanti, il problema maggiore è la noia che sovrasta l'intero prodotto. Ascoltare un uomo mentre prega la pioggia, si mette in cattedra giudicando stili di vita e prova ad insegnare qualcosa a qualcuno è un'esperienza molto particolare, che necessità della giusta attenzione e dell'umore adatto. Pena la noia immediata.
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La recensione Gocce di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-09-05 00:00:00
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