Con il cuore in Romagna e la testa in giro per il mondo, il collettivo forlivese assorbe come una spugna un tripudio di suoni diversi, applicando la formula vincente dell’improvvisazione testuale anche alla composizione musicale, con arrangiamenti vivaci, carnevaleschi e sovrabbondanti.
Eppure una matrice comune, in questo viaggio tra funk, jazz e sfrenati ritmi latini esiste, ed è facilmente intellegibile da due elementi: da un lato una chitarra soverchiante, che sebbene ricca di potenza e psichedelia, riesce comunque a trovare la giusta ragion d’essere anche in mezzo a un pezzo interamente pensato per ballare come “Primavera mambo”; dall’altro, una sezione ritmica dai toni ben marcati e riconoscibili, specie nell'ossatura di “Nella notte del mondo”, capace anch’essa di adattarsi perfettamente all’atmosfera creata in ogni brano.
Ma oltre alla visionarietà testuale e all’attitudine zingara che si respira per buona parte dell’album, c’è spazio anche per il cantautorato nostrano, di cui la malinconica “Portami con te” è autorevole portavoce, con i suoi toni pacati e l’atmosfera dilatata che fanno respirare tra un passo di mambo e un assolo funk della sezione fiati.
L'album nel suo complesso risulta quindi un allegro e funambolico carrozzone, in cui il riso si mischia al pianto in una maschera grottesca che cambia forma minuto dopo minuto, e di cui il pezzo finale, “Danza macabra”, tratto da un testo inedito di Andrea Mandolesi, è in tal senso un perfetto esempio.
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