In questo debutto ci sono tutti gli elementi per poter considerare i Tutti i colori del buio e questo disco tra gli esordi più interessanti nel genere in questo 2016.
"Tutti i colori del buio" è un film del 1972 diretto da Sergio Martino; si tratta di un thriller che all'epoca riscosse molto successo e vantava la presenza nel cast, fra gli altri, anche della splendida Edwige Fenech. Nel 2016, una band torinese decide di omaggiare la pellicola producendo un disco punk-hardcore che si presenta adatto a descrivere e a riportare in vita determinate atmosfere e sensazioni in una veste originale e del tutto personale.
Dalla copertina (disegnata dal tatuatore Gigi Fagni) fino agli undici pezzi contenuti in "Imitation Into Nothingness", abbiamo a che fare con una serie di citazioni horror che potrebbero quasi essere utilizzate davvero come colonna sonora in una moderna opera cinematografica del genere, oppure perché no, in un eventuale remake. Da citare in particolar modo la traccia omonima alla band "Tutti i colori del buio", la più lunga e la più atmosferica dell'intero lotto: una vera e popria marcia oscura e dai contorni inquietanti, che anticipa nell'ordine di tracklist "The Crab's Failure", brano che aveva anticipato l'uscita del disco.
I richiami al genere hardcore anni '80 e '90 è evidente, così come sono limpide le influenze dei primi Black Sabbath in pezzi come "More Than Sartre, Less Than Allin"; il disco è davvero ben prodotto e le sonorità sono oscure e violente, a tratti sanguinose, tanto che senza la traccia vocale in molte potrebbero benissimo stare nella sigla iniziale di "American Horror Story". Insomma, in questo debutto ci sono tutti gli elementi per poter considerare la band e questo disco tra gli esordi più interessanti nel genere in questo 2016.
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La recensione Initiation Into Nothingness di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-11-17 00:00:00
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