Un album cangiante per i richiami che suscita alla mente: dai CCCP ai Marta Sui Tubi, dai Verdena ai Radiohead.
Il basso getta le fondamenta su cui posare una chitarra digrignante che ricorda il rumore delle unghie sulla lavagna e accumula tensione che va poi a rilasciare in momenti più distesi: è così che si entra nel vivo dell’omonimo album dei Blanche. È un’angoscia pervasiva, frutto di un sentimento d’inadeguatezza derivante da una società che vive e si nutre di apparenza e omologazione, in poche parole, del nulla. Quando si parla di apparenza ed omologazione non c’è collegamento più lampante che ai social network, ed è qui che la band nata a Parigi prende le distanze, nella traccia d’apertura esordisce con la dichiarazione di una lontananza da un mondo, quello contemporaneo, in cui i social network provocano, e spesso governano, il cambiamento (apparente o reale che sia).
Un pezzo che merita di essere aggiunto alla propria libreria, non solo per quanto riguarda le sonorità ma magari per ritrovarsi e cercare un po’ di comprensione nei momenti down. Ascoltando il mantra “detesto essere social” è facile ripensare ai CCCP, alla loro “Io sto bene”, non solo per la ripetizione quasi maniacale, ma anche per il senso di estraneità che infondono, ma pure ai Marta Sui Tubi e ai Verdena per le assonanze nelle parti strumentali e nelle parti cantate.
“Detestami se ho ancora la voglia di cercarmi altrove“, un luogo indefinito che potrebbe trovarsi in un tempo passato, infatti dal video si evince la passione per quello che ormai ci sembra vintage, superato dalla moda: oggetti simbolo di un passato in cui si era più autentici e meno immersi nella frenesia oggi provocata dai social network, che agiscono come catalizzatore e propulsore delle sfide e delle novità. Traslando poi verso sonorità più pacate continua l’album con canzoni che sembrano attraversare gli stati dell’innamoramento, dall’amore alla tediosità di questo, fino al sapore amaro dell’abbandono ma con un pizzico di speranza di esser salvati.
Un pezzo dal sapore più pop è “Chi”, meno particolare dal punto di vista canoro, come anche “Ora”. In questo però le chitarre elettriche, unite a quelle acustiche di stampo Marta Sui Tubi, creano un ponte sonoro con quelle di “Just” dei Radiohead. Il compito dei Blanche sembra essere quello di denunciare una realtà parallela, per riscoprire il calore dei rapporti umani. Gli spunti ed i presupposti ci sono, ora non resta che aspettare e stare a vedere quale di questi seguiranno.
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La recensione Blanche di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-11-25 00:00:00
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