Berlino, la new wave, l'elettronica e l'inquietudine.
Le direttrici lungo le quali si muove questo album sono principalmente due: una è fatta di post-punk apocalittico e asciutto, ben disposto a scenari industrial, l’altra è densa di elettronica e new wave, scura ma con un cuore fondente da sognatore inquieto. Troviamo Berlino, gli anni ottanta più decadenti, afflati dirompenti e trame ipnotiche fatte di freddo, pochi accordi e rigore sintetico.
Cedendo a tratti alla melodia, soprattutto nei ritornelli, “All of These Days” marcia sicuro con passo marziale, spezzando ogni linea per ricavarne angoli appuntiti, forme irregolari, superfici acide e prive di luce: da “Sharp Song” che distorce e amplifica effetti per aprirsi a paesaggi che costeggiano il pop malinconico, a “Gerusalem” con le sue sinuose movenze da odalisca punk, all’intermezzo di “Oh Boy!” che sembra dirci di respirare un momento, tra pianoforte e campionamenti, di respirare un po’ ma non senza turbamento.
“The Blind Man” omaggia i Kraftwerk di “The Model” e si infila in una corsa tra le strade più strette della più irrequieta electrowave, “Step New” è lo spazio strumentale dove avvolgersi tra rami per nascondersi e sperare in una notte salvifica, “Final Song” gioca sulla ripetizione infinita di una tensione costante, e la tensione resta un elemento fondamentale in questo album: non si interrompe mai.
I Drama Emperor hanno un immaginario definito, godibile e ricco di saliscendi emozionali: riescono ad attirare l’attenzione e concentrarla in spirali nervose, muovendosi lungo direttrici che amabilmente conducono all’inquietudine.
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La recensione All of These Days di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-11-21 00:00:00
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