AmbraMarie, per chi non lo ricordasse, ha partecipato alla seconda edizione di X-Factor, e io allora tifavo per lei perché in realtà ne ero segretamente innamorato. Dopo X-Factor mi è capitato di vedere AmbraMarie per caso in concerto alla festa della Birra di Misinto. Potrà sembrarvi comico, ma alla stessa festa ho visto anche Morgan e gli Iron Mais, tutti artisti che in qualche misura hanno avuto a che fare col talent. Poco importa, l’esibizione live di AmbraMarie mi piacque e di ascoltare l'album ero davvero curioso.
Col tempo la concezione di talent è cambiata radicalmente, basti pensare alla serie di giudici competenti che si sono susseguiti sulla famose poltroncine, ultimo, solo in ordine cronologico, Manuel Agnelli, e alla miriade di buoni gruppi che vi sono passati. Basti pensare a quanto i Bastard Sons of Dioniso fossero bonariamente considerati la pecora nera della seconda edizione e quanto nell’ultima potrebbero mimetizzarsi come una band tra le altre (o a quanto peso abbia assunto con gli anni il rap quasi inesistente agli albori). Inoltre l’ultima edizione è stata vinta da una band che poteva suonare i proprio strumenti, strumenti invece a loro preclusi e questo a causa di una reminescenza tutta italiana, forse addirittura sanremese, che tende a porre il bel canto su un piedistallo a sfavore della buona musica. Questa piccola digressione sociologica è necessaria per capire se AmbraMarie vada ascritta a quel filone di cantanti che, proprio attraverso la potenza della loro voci, sembrano fare la gara a chi soffre di più. Un’Emma Marrone o un’Alessandra Amoroso qualsiasi (guarda caso, anche loro uscite da un talent) o, nella migliore delle ipotesi, come la Pink italiana.
Per AmbraMarie credo sarebbe riduttivo. Persiste, in alcuni punti, questa vena melodrammatica, soprattutto in frasi come “facevamo insieme un solo cuore che respirava” ma fortunatamente in "Bruciava Tutto", convive un'altra anima forse più nuova e decisamente meglio riuscita di AmbraMarie.
Ascoltando quest’album mi son chiesto quante volte avrei potuto usare la parola "metal". Tuttavia mi ero ripromesso di non usare questo termine perché "Bruciava Tutto" non è certamente un album che ne rispecchia le prerogative. Un paio di tracce, prima dell’ingresso della voce ("Odio Lei", "Diversa") rimandano a una manciata di pezzi di "Wasting Light", l’album in cui i Foo Fighters virano decisamente verso queste sonorità pesanti. Quel che è certo è che AmbraMarie è una fan di Dave Grohl. Il paragone è valido almeno fino alla nona canzone "Di re, di draghi e di dame" che, al di là del titolo branduardiano, si dimostra come un’inaspettata dichiarazione d’intenti, andando a sfiorare quel mondo fantasy che di solito col metal va a braccetto. Ma "Bruciava Tutto" è un album di cui al massimo si può dire che strizzi l’occhio al metal, o forse più generalmente a delle sonorità potenti ma cupe che possono vagamente ricordarlo. È invece e sicuramente l’album della maturità di un‘artista che, giustamente, non riesce ancora a nascondere le reminescenze, gli ascolti e i gusti che l’hanno influenzata fin da ragazzina e, come in ogni romanzo di formazione che si rispetti, si ripresentano durante la crescita.
È un album che parla d’amore, non c’è dubbio, probabilmente di una storia finita male per esser più precisi. A quando pare una delle svolte principali rispetto al suo precedente lavoro ("3anni2mesi7giorni" composto per metà in inglese) risiede nelle composizioni totalmente in italiano, una scelta che può sembrare controcorrente dopo un soggiorno a New York di 6 mesi. Se la fuga a New York fosse veramente dovuta alla rottura della già citata storia d’amore è quantomeno plausibile che un’altra abilissima interprete italiana come Carmen Consoli si sia rivelata la colonna sonora perfetta per questa malinconica avventura americana. Io non so se "Bruciava Tutto" sia stato partorito su una panchina di Central Park all’illuminazione improvvisa de "L’ultimo Bacio" nella riproduzione casuale, ma certamente lo penso.
Questa similitudine non si limita a un superficiale livello di canto o vocalità ma si insinua profondamente anche nei testi che, nella seconda metà dell’album, si fanno decisamente più compositi e raffinati senza per questo reprimere la potenza canora di AmbraMarie o cambiare i temi del disco, un connubio che funziona anche quando è incanalato nella direzione più rock ("Diversa", "Un giorno da dimenticare"). In conclusione, una versione di AmbraMarie che non si limita a piacere ma convince anche a pieno.
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