"Prati, Ombre, Monoliti" è il secondo album dei savonesi "Gli Altri". Un album violento, appassionato, pieno di deflagrazioni emocore, chitarre agili che stridono e batterie potenti.
Sono 38 le etichette che producono questo disco de Gli Altri dal titolo “Prati, Ombre, Monoliti". Un album violento, appassionato, pieno di deflagrazioni emocore, chitarre agili che stridono e batterie potenti. Forse c’è da dire che il quintetto savonese non inventa nulla di nuovo. Forse c’è da dire che il loro sound sembra rimasto fermo agli anni ‘90, o che le linee melodiche della voce sono esattamente le stesse dei gruppi di riferimento del genere (vedi Fine Before You Came o i vecchi Gazebo Penguins tra gli altri). Forse si potrebbe dire che, dal momento che Gli Altri hanno un violinista come membro della band, avrebbero potuto caratterizzare maggiormente il loro sound. Forse. Oppure si potrebbe ascoltare questo disco con la mente vergine da qualsiasi preconcetto, ed accettare l’unico dato di fatto: “Prati, Ombre, Monoliti” è un bel disco.
Un disco che però parte un po’ in salita. Non sono particolarmente pregevoli i primi passi di “Prati” e “Unai”, troppo legati a dinamiche di genere; neanche la voce di Federica degli Affranti - fantastica partecipazione - che compare nel secondo brano sembra particolareggiare un pezzo che, per quanto bello, è scritto con tutti i canoni (e purtroppo davvero tutti tutti i canoni) del post hc/screamo nazional-popolare. Succede qualcosa, però: la stessa voce canta (o recita, se preferite) qualcosa di estremamente importante. Un monito, un avvertimento, un elemento che passa quasi inosservato, ma che si rivela essere un tassello importante nel puzzle del disco. Federica urla: “C’è un mondo nuovo, oltre la collina”. E non mente.
“Oltre la collina” è infatti il pezzo che divide l’album a metà. Da qui in poi non è più una salita, non più una scalata faticosa. Da qui in poi si cade, e ci si fa male. Anche i testi sembrano assumere un altra dimensione, una nuova forza. Su tutti, spiccano “Ventre” e “Monoliti”. A volte emergono delle reminiscenze At The Drive In che fanno apprezzare ancora maggiormente il lavoro del quintetto di Savona (vedi “Idomeni”) e fanno ben sperare per un terzo lavoro full-lenght più libero e meno innamorato della letteratura di genere.
Luogo perfetto per l’ascolto: per strada, mentre si marcia in un corteo
Perfetta colonna sonora per: L’Odio, Mathieu Kassovitz
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La recensione Prati, Ombre, Monoliti di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-02-15 00:00:00
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