the pier the pier 2016 - Indie, Alternativo, Post-Rock

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Bell'esordio dei The Pier, in perfetto equilibrio tra laboriosità e semplicità

Poche frasi risaltano come un punto nero su un foglio bianco in questa foresta di suoni dalle numerose connotazioni che è l’omonimo album dei The Pier. I sentimenti di sconforto e dolcezza sono espressi in sfumature che vanno dall’indie rock al math rock passando per il post rock con gran perizia. La vera abilità che viene qui palesata si trova proprio nell’eludere la macchinosità di questi passaggi. Nonostante siano generi che affondano le loro radici in ceppi tra loro distinti riescono qui a ricompattarsi in un’unica direttrice creando un unisono. Non ci sono ostacoli ad intralciare il percorso, è tutto così complicato e ben assemblato che sembra quasi naturale, non viene neanche spontaneo pensare alla complessità di tutto ciò che sta dietro a questo suono. Ma, se da una parte non troviamo la semplicità, spesso e volentieri declinata anche in banalità, non ci imbattiamo nemmeno in inutili ostentazioni atte a dimostrare una pretesa e sterile superiorità. È un semplice (si fa per dire) equilibrio di laboriosità.
Quando il basso esplode nella sua pienezza convoglia in sé gran parte dell’energia richiamando alla mente qualche assolo di Flea, imponendosi come spina dorsale di tutto il disco. A questo si aggiungono chitarrine fresche molto brit. Si gioca spesso sugli stop 'n' go, con l’alternanza di chitarroni e arpeggi poggiati su linee di basso ed un crescendo di voci ripetuti in loop. Spesso la semplicità è il paradigma della bellezza. E da questo assunto partono giri di arpeggio, volti ad alleggerire e snellire la composizione. Un disco a tutto tondo su cui buttarsi a capofitto, che in poco più di mezz'ora fa capire le potenzialità della band, spostando l’inquadratura di canzone in canzone come in una scena ad inquadratura mobile. Ogni brano è una storia a sé, un capitolo di una raccolta di racconti.
Se in “Exit Flowers” assistiamo alla donazione di un fiore (“I, I’ll give you a flower”), in “Kangoo” invece ci si lascia trasportare in atmosfere eteree e sognanti. Di queste, grazie al gioco di antitesi, un po’ alla volta vengono mostrati anche i lati più crudi, oltre a quelli più pacati.  La contrapposizione è una costante. Insita nella voce, ora distante, ora ad urlarci qualcosa in faccia, nella sua tonalità e nei ritmi. Vedendola come punto focale di questo sorprendente disco d'esordio possiamo tranquillamente definirla il fulcro di tutto, la lente attraverso i the pier guardano la realtà. Va ascoltato tutto d'un fiato riempiendosi i polmoni d'aria nuova.

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La recensione the pier di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-12-27 10:00:00

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