Il blues caldo come un vento del deserto, la chitarra appoggiata sulle ginocchia è un'arma a doppio taglio.
Il suono della chitarra weissenborn è qualcosa di unico, che sa evocare desertici paesaggi e Americhe d'altri tempi, richiama immediatamente l'immaginario blues alle sue origini più primitive, ma anche cose più recenti come l'ottimo utilizzo che ne ha fatto Ben Harper. Il cantautore e musicista di Claremont negli ultimi anni ha portato a livelli internazionali quel suono caldo e avvolgente che solo i tocchi slide sulla weissenborn sanno sprigionare. Buzzy Lao suona esattamente come Harper, difficile trovare delle differenze se non nella lingua.
L'ispirazione è lodevole, l'intensità nell'interpretazione non solo di canto ma anche musicale è affascinante e fa bene a chi ascolta, Buzzy Lao con testi molto semplici sforna canzoni di rara fattura per il nostro paese, ripassando le regole del root-blues e toccando la chitarra come se accarezzasse una donna e da vita al suo primo disco intitolato "HULA".
I ritmi tribali di brani come quello d'apertura "Ora che" battono dentro e smuovono i detriti sediementati dal troppo pop commerciale, e le parole:"Ora che credi in te, ora che un destino non c'è", hanno il dolceamaro dell'oblio e della contemporanea rinascita. Il singolo "Credi di amare", alza la posta in gioco inserendo la distorsione a quella chitarra posata sulle ginocchia e tira fuori un giro misto tra "When it's good" e "Temporary Remedy", brani culto di Ben Harper, con un tono nelle parole molto vicino a quello di Adriano Viterbini: il brano sicuramente accattivante e riuscito, forse un po' ruffiano.
È il reggae che spariglia un po' le carte del blues duro e puro, canzoni come "Stella magica" e "Hanno ucciso l'amore" sono ottimi esercizi di stile, suonati ed arrangiati da dio, con quella classica vena freak nei testi che non sgarra di una virgola dal compito del bravo rastamanno. È con "Luna" e "Sentirai" che Buzzy Lao raggiunge livelli da brividi, due ballate romantiche (la prima solo strumentale) che partono leggerissime e si aprono in intrecci emozionanti di chitarre che non possono non far socchiudere gli occhi e godere.
"HULA" è un album dal suono ricco, molto poco italiano e tecnicamente esemplare, fatto di canzoni semplici nelle parole ma di elevato valore strumentale e di produzione, rimane però pieno zeppo di cliché oltre che di serene copiature trasformate in ispirazione.
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La recensione HULA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-16 00:00:00
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