Linea
Frontiera 2004 - Rock, Reggae, Punk

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Li ricordiamo bene i Linea ed il loro album d’esordio, “In cammino”. Un esempio di rock militante che menava fendenti al sistema, in equilibrio tra durezze punk e invettive lanciate a destra e a manca (più a destra che a manca, a dire il vero).

A quattro anni di distanza, il cambio di etichetta e il passare del tempo non sembrano aver nuociuto all’ispirazione del combo milanese, ancora in grado di pestare con convinzione, tanto che “Frontiera” sembra la naturale continuazione di “In cammino”. L’unica novità di rilievo è il coinvolgimento di Gianmarco Pirro alla voce a fianco del vecchio vocalist Mauro Zaccuri, per il resto, la band milanese è ancora innegabilmente posseduta da un innato spirito punk. Ed i punti di riferimento sono sempre gli stessi. A cominciare dai Clash (“Lost in a reggae city" cantava il vecchio Joe”, da “Ossigeno”, oltre a “Jack Daniel’s midnight”), evocati anche da incursioni reggae (“Senza amore”, “Sei tu”), e poi palate di energia rock (“Stesse madri”), richiami ska (“Gas”) e al mondo arabo (“Alì (boma yè)”, con tanto di dedica a sua maestà Mohamed Alì), e momenti introspettivi (la conclusiva “Push”). Tutto suonato con convinzione e il giusto tiro, tra rude essenzialità e il tentativo di allargare il proprio raggio di azione, in puro stile Joe Strummer.

Ma se proprio dovessimo metterci a cercare una differenza con il passato, allora scopriremmo che le liriche, pur continuando ad essere piuttosto lontane anche dalla sola idea della banalità, mancano di quei riferimenti “forti” presenti nel lavoro precedente. Niente da dire quando i Linea si scagliano con rabbia contro la flessibilità del lavoro (“Temporaneo”), ma frasi come “Sei tu, sei tu, il centro del mondo, l’amore tu sei per sempre... per sempre”, sembrano essere state scritte da qualcun’altro.

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