Autoritratto: ovvero dodici brani con il compito di riassumere l’attuale visione che Saimon Fedeli ha di sé e del mondo intorno a sé. Raffinata e dolcemente pigra, la selezione mostra un’evidente anima jazz in cui captare la vita a suon di pianoforte, chitarra acustica e fiati. I testi descrivono l’attualità attraverso relazioni orizzontali fra persone, e verticali fra il dentro e il fuori di noi, con un taglio lieve e ben confezionato. A tratti si rischia di inciampare su ritmicità ripetitive, tuttavia da esplorare. Per questo motivo l’album non esce troppo fuori da sé stesso, ma dona libertà di azione alle parole. In ultima analisi, diciamo che Saimon Fedeli si esprime attraverso un songwriting evocativo e pulsante, qualcosa come un sogno ad occhi aperti da non dimenticare.
“Samba pa ti” è una canzone che descrive l’amore come imperfezione e difetto, in cui perdersi, alla ricerca dell’amore. Jovanotti sembra far capolino da lontano. “Milano swing” ci racconta una metropoli a strettissimo contatto con ambiguità e contraddizioni, ma che accoglie la bellezza di chi la guarda in cerca di riscatto. Anche in “Bellitalia” si ragiona su un paese dal qualunquismo imperante che, tuttavia, nasconde grandi speranze per uomini innamorati della vita (“Ti sei accorta”) e dell’amore, nonostante le delusioni di sempre (“Capodanno 2003”). Di certo occorre trovare un modo diverso di esistere, in armonia con se stessi e con il mondo (“Questa estate”) ed imparare dal distacco e dalla perdita (“Ognuno nel suo letto”), sembra confidarci Fedeli tra le rime. Solo così si riuscirà di nuovo a credere nella bellezza delle piccole cose e delle grandi persone che abbiamo incontrato (“Dimmi ancora che”, Come sabbia”), proprio in quel “Frammento” di vita dove si nasconde verità e coraggio.
Un Autoritratto fatto di eventi da cui si srotolano armonie leggere e aggraziate, come lo scorrere casuale della vita quando non accade nulla di importante, ma che ti fa stare bene.
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